Brani:

1-Hopper Tunity Box; 2-Miniluv; 3-Gnat Prong; 4-The Lonely Sea And The Sky; 5-Crumble; 6-Lonely Woman; 7-Mobile Mobile; 8-Spanish Knee; 9-Oyster Perpetual

Formazione:

Hugh Hopper: bass, soprano sax, guitar, recorder, percussion; with: Elton Dean: alto sax, saxello, Mark Charig: cornet, tenor horn; Dave Stewart: organ, electric piano, pianet; Gary Windo: tenor sax, bass clarinet; Frank Roberts: electric piano; Mike Travis: drums; Nigel Morris: drums; Richard Brunton: guitar

Prodotto da: .Mike Dunne/Hugh Hopper
Anno: 1977, Compendium - CD 1996, Culture Press - Durata: 40:48

Hopper Tunity Box è una tappa molto importante nella carriera del bassista Hugh Hopper ed è il seguito ideale delle sue sperimentazioni avvertite con i Soft Machine prima e col suo esordio solista 1984 poi.

Quest’ultimo, in effetti, non era altro che la prosecuzione di 1983 (composizione presente nell’album 6 della Macchina Morbida) e vedeva un forte uso dell’elettronica in un processo di ricerca sonora che permettesse al suo basso di emettere i suoni più disparati. In Hopper Tunity Box, Hopper sembra invece cercare di non esagerare con l’avanguardia e per questo, se pure il suo strumento sia in primissimo piano e suonato a volumi altissimi, si fa ben accompagnare da fidi collaboratori che arricchiscono l’album di un vibrante jazz-rock con fiati, organo e piano elettrico spesso in bella evidenza e con un drumming abile e sufficientemente fantasioso che si sposa alla perfezione con l’altisonante andamento del basso. I nomi che partecipano a questo lavoro sono garanzia di qualità: Dean, Stewart, Charig e compagni vanno a formare l’ennesimo supergruppo canterburiano e la loro classe si avverte bene, poiché Hopper “permette” loro di non essere semplici comprimari, il che favorisce anche il buon esito di alcune situazioni in cui i musicisti si lasciano andare ad un pizzico di improvvisazione.

Peppe
Febbraio 2004