Hora Prima - Hora Prima - (2025)
Geppo (voto 6): Ricordo la loro esaltante ed applaudita performance al forum 19 nel festival prog 2+1 di Veruno del 2024. Ebbene questo ascolto non mi ha entusiasmato, pur riconoscendo la caratura della band ed il buon lavoro svolto. La riproposizione delle influenze dei classici del rock progressivo italiano degli anni ‘70 può essere appagante in un concerto live, per me meno su un dischetto da riascolto.
Montag (voto 7): Arrangiamenti che richiamano i canoni del prog italiano degli anni ‘70, un cantante che ha la giusta personalità, composizioni interessanti che però non mi entusiasmano pienamente, come se le tensioni e le loro risoluzioni fossero in qualche modo frenate, per questo il voto espresso.
Peppe (voto 7,5): Dopo l’eccellente performance al festival di Veruno del 2024 ero molto curioso di ascoltare la nuova prova in studio della band pugliese. Pur non esaltante come quell’esibizione live, il disco conferma che siamo di fronte ad una bella realtà dell’attuale panorama della nostra penisola. Gli Hora Prima riprendono bene gli insegnamenti del classico prog italiano degli anni ‘70 e li portano ai nostri giorni, con qualche episodio più particolare e ricercato, in brani che vanno dal discreto all’ottimo. Bravissimi strumentisti e bravissimo cantante, mostrano una certa personalità ed anche per questo sono sicuro che possono fare un ulteriore salto di qualità.
Le Orme - Live a Venezia - (2025)
Geppo (voto 3): Confesso un ascolto saltellante da un brano all’altro, senza aspettarne la naturale conclusione, meno ancora per le cover. Come mi succede per molti gruppi storici del prog italiano, non seguo la band da un bel pò di tempo e questo progetto è tutt’altro che coinvolgente su disco. Testimonianza di un evento spettacolo che avrà avuto i suoi buoni motivi, ma l’impressione che possa essere abbastanza lontano dalle aspettative del fan medio della band è davvero difficile da allontanare dal mio pensiero.
Montag (voto 2): il mio voto è dovuto al fatto che non mi interessa ascoltare Le Orme come cover band e non bastano i pochi brani della storica produzione del gruppo veneto a farmi cambiare idea.
Peppe (voto 5): L’idea iniziale di fare qualcosa di più particolare poteva essere anche interessante. Ma alla fine dell’ascolto, tra cover pop, dubbi rifacimenti floydiani, interpretazioni un po’ scolastiche di musica classica e altre stramberie, il sound delle Orme risulta parecchio snaturato e confusionario e la sensazione di essere al cospetto di un pasticcio kitsch è forte. E la voglia di dargli una seconda possibilità non c’è.
Hatfield and the North - The Rotters’ Club (1975) - Deviazione Standard = 0
Geppo (voto 10): Quest’anno ne cade il 50° ed è più che doveroso ricordare un disco prezioso per l’equilibrio perfetto tra complessità nelle partiture e le accattivanti melodie: la sintesi perfetta di tutto il movimento definito “scuola di canterbury”. Quando lo ascoltai per la prima volta, fine anni ‘70, condividevo ascolti ordinari con diversi amici e creai un pò di scompiglio proponendo questo disco ma molti di loro furono felici di apprezzarlo. Grande soddisfazione di quando esisteva solo il passaparola ed ancora oggi lo amo perdutamente.
Montag (voto 10): E’ il disco che mi ha aperto una finestra di possibilità: incancrenito sul sinfonico, è stato l’inizio dell'ampliamento dei miei orizzonti musicali. E anche per questo motivo che, quando pensammo ad un nome per il nostro progetto, naturalmente mi venne in mente questo disco stupendo.
Peppe (voto 10): The Rotters’ Club è uno di quei dischi perfetti. Non c’è un solo secondo di stanca, non una nota fuori posto. Un equilibrio assoluto tra tecnica, feeling, melodie strambe, divertimento. Un jazz-rock che può incantare anche chi non si è mai avvicinato a certe coordinate stilistiche. Un sound spumeggiante e caldissimo che è tra quelli che meglio definisce la scena di Canterbury. E se 25 anni fa alcuni brocchi scelsero il nome Rotters’ Club per il loro sito dedicato al prog qualcosa vorrà dire… :-)
Le Orme - Florian (1979) - Deviazione Standard = 1,63
Geppo (voto 6): Eccesso di classicismo barocco nei brani strumentali e canzoni acustiche non è una proposta che mi entusiasma, ma resta un ascolto piacevole. Ciò premesso vale la pena sottolineare il contesto nel quale danno alle stampe un disco atipico, e per certi versi coraggioso, rispetto alle altre band storiche del prog italiano. I coevi Rondò Veneziano (Reverberi in comune), saranno più fortunati con una proposta musicale simile.
Montag (voto 10): In un mondo che si dirige a passi di danza verso la fine di un certo tipo di rock, quando tutti abbracciano la semplificazione per superare la crisi, Le Orme fanno un atto di coraggio e guardano al passato, al non elettrico come evoluzione del rock.
Lo dicono anche a Bob Dylan (in una dei brani del disco) di lasciare il tamburo, cioè il solito suono, per trovarne di nuovi, quasi a denunciare la mancanza di ricerca e di quella stagnazione che ormai aveva contaminato l’intera scena rock. Le Orme, proprio per suonare diversi, trovano gli “altri suoni” negli strumenti classici. Operazione riuscita? No, fu un flop commerciale ed è un disco poco amato da molti. Io lo amo, invece, perché ne vedo la sublimazione della melodia, marchio di fabbrica del gruppo, incastonata in composizioni e arrangiamenti mai banali, scegliendo strade a volte spiazzanti. E proprio per questo lo ritengo estremamente valido nell’ambito della produzione del gruppo veneto, a pari dei capisaldi che il gruppo ha prodotto agli inizi degli anni ‘70.
Peppe (voto 8): Un disco molto coraggioso, soprattutto considerando il periodo in cui è uscito (1979). Le Orme puntano sull’eleganza dei timbri acustici, utilizzano strumenti classici e viene fuori un riuscitissimo mix tra suoni cameristici e melodie aggraziate nel pieno stile della band. Un gioiello forse sottovalutato.






The Rotter's Club degli Hatfield è un capolavoro assoluto del Canterbury Sound dove i componenti la band raggiungono un equilibrio raro tra tecnica e poesia dialogano con una naturalezza sorprendente. Ogni volta che lo riascolto resto ammirato da tanta eleganza e inventiva; è uno di quei dischi che non smettono mai di rivelare nuovi dettagli. Voto: 10/10
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