Il pianista Csaba Vedres, il violoncellista Péter Pejtsik ed il flautista Gabor Egerwari, ungheresi, amici già da diversi anni e reduci da alcune esperienze con svariati gruppi, formano gli After Crying nell'autunno del 1986, suonando per un paio d'anni musica da camera, acustica e ricca di improvvisazione. Dal 1988 iniziano ad inserire i testi nella loro musica, scritti da Egerwari e dal quarto elemento della band, il paroliere Tamas Gorgényi, utilizzando sia la lingua ungherese che quella inglese. In questo periodo, quindi, la line-up è formata da un quartetto, anche se viene integrata costantemente da altri musicisti nelle esibizioni dal vivo. L'attività live, in effetti, è abbastanza intensa, al punto che cominciano ad ottenere un certo successo grazie ai diversi concerti effettuati non solo in madrepatria, ma anche in paesi esteri quali Spagna, Portogallo, Inghilterra e Canada. 

Nel 1989 esce un demotape intitolato Opus 1, registrato soprattutto in varie date dal vivo in dei teatri tra il febbraio del '88 ed il gennaio successivo. Il nastro lascia intravedere le grandi potenzialità che emergeranno al meglio in futuro ed una nuova cassetta viene realizzata alla fine dell'anno, intitolata 1989 e contenente materiale d'archivio scritto per lo più da Vedres. L'esordio discografico vero e proprio avviene nel 1990 (con Egerwari che non suona nel disco, ma partecipa alla stesura dei testi) con l'album Overground music, dai testi in inglese, nel quale prog e musica da camera si uniscono sapientemente ed in cui si segnala la presenza di numerosi strumentisti come ospiti. Vedres e Pejtsik sono infatti coadiuvati da altri musicisti che al suono del piano e del violoncello uniscono flauto, viola, trombone, oboe, fagotto e trombe, rendendo ulteriormente "colta" la proposta della band. Un audience di 1500 persone saluta gli After Crying nella prima esibizione dal vivo del tour organizzato per la promozione dell'album. In effetti, la musica del gruppo si affaccia come una ventata di novità in un panorama progressive piuttosto asfittico, ma in via di rilancio. La band magiara mostra idee originali ed una personalità particolarmente forte, grazie ad un sound che non denota tantissimi punti di contatto col glorioso passato del prog e attraverso il quale si cercano nuove contaminazioni, rituffandosi nella musica classica, ma con meno barocchismi e meno ricerca della spettacolarità rispetto agli anni '70. Gli After Crying riescono così a presentarsi moderni nonostante le radici ben salde nel passato, rivelando quell'inventiva che il prog europeo sembrava aver perso negli anni precedenti. A tutto ciò si è arrivati grazie alla notevole competenza e professionalità dei musicisti, in grado di leggere le partiture praticamente ad occhi chiusi, grazie ai loro studi e alla loro esperienza che li vede anche membri di diverse orchestre ungheresi. Le soddisfazioni arriveranno grazie ad un'intensa attività live e ai continui riconoscimenti della critica, che mostrerà di apprezzare questa felice proposta. 

Continua a pieno regime, quindi, l'attività live e nel 1992, dopo uno show in cui si esibiscono suonando musica barocca e canzoni dei Beatles, giunge il secondo lavoro Megalàzottak és megszomoritottak, che conferma le ottime impressioni dettate dal precedente disco. Si segnala l'ingresso di due nuovi musicisti: Laszlo Gacs alla batteria e Balazs Winkler alle tastiere e alla tromba. Le esibizioni dal vivo si susseguono e nei concerti si segnala nuovamente il continuo alternarsi di collaboratori, al punto che il gruppo passa indifferentemente da serate in cui si esibisce in quartetto, ad altre in cui sul palco sono presenti anche 15 elementi. Un nuovo cambio di formazione avviene nel 1993, con l'entrata di Ferenc Torma, chitarrista che partecipa alla registrazione del nuovo lavoro, per il quale Pejtsik si impegna anche a suonare il basso e Egerwari contribuisce suonando il flauto, oltre che a realizzare alcuni testi. Con questa line-up si comincia ad accentuare la presenza di suoni elettrici nella musica degli After Crying ed avviene la pubblicazione del terzo album, intitolato Fold és ég (Terra e cielo), uscito nel 1994 ed orientato verso un sound più emersoniano. Al termine delle registrazioni si segnala l'abbandono di Vedres, la mente principale del gruppo, che è pronto a cimentarsi in una carriera solistica. Si teme la fine degli After Crying, tuttavia l'ensemble ungherese reagisce bene alla defezione e riprende la propria attività, con Winkler che, di fatto, finisce col raccogliere l'eredità di Vedres prendendo in mano le redini della band. 

Nel 1996 gli After Crying effettuano una performance particolarmente acclamata al primo festival progressivo ungherese, cui partecipano anche Peter Hammill e gli svedesi Ritual. Giunge anche il quarto album, dal titolo De profundis, che riporta altissime le quotazioni del gruppo nonostante l'assenza di Vedres, grazie alla ormai consolidata unione di musica da camera e progressive e alla vena malinconica che presentano le varie composizioni presenti nel disco. Prosegue incessantemente, come sempre, l'attività live e si segnala in particolare una splendida esibizione al West End Festival di Budapest, in cui, raggiunti sul palco da John Wetton, si cimentano in una meravigliosa versione della crimsoniana Starless

Assestatasi la formazione con cinque elementi (Pejtsik, Gorgény, Torma, Winkler e Gacs) più Egerwari, gli After Crying continuano a pieno regime la loro attività e, quasi a celebrare i primi 10 anni di carriera, viene pubblicato nel 1996 un doppio cd, intitolato Elso evizted (La prima decade), contenente materiale antologico, inedito ed alcuni estratti live. Il gruppo mostra una continua voglia di cambiamento, non vuole realizzare album tutti simili e la dimostrazione è data dalla pubblicazione di 6 nel 1997, un lungo cd che se in parte mantiene le caratteristiche di unione tra musica classica e rock, mostra anche di muoversi in maniera decisa verso una direzione, quella del jazz-rock, che non era mai stata eccessivamente approfondita in passato. Come sempre, il gruppo (che vede stavolta impegnati Egerwari, Gorgenyi, Pejtsik, Torma e Winkler) è coadiuvato da un buon numero di musicisti che rinforzano soprattutto la sezione fiati. Il 1998 è la volta di Almost pure instrumental, un altro lavoro retrospettivo in cui, come intuibile dal titolo, sono raccolti alcuni interessanti brani strumentali del loro repertorio più una manciata di inediti. 

Gli After Crying iniziano a suonare anche in kermesse organizzate all'estero, in particolare al prog-festival francese di Corbigny nel '98, al messicano Baja Prog di Mexicali nel marzo del '99 e al festival del Castello di Vigevano in Italia nel luglio dello stesso anno. Ovunque ottengono ampi consensi e con quest'intensa attività concertistica giunge anche un album dal vivo, bellissimo doppio cd intitolato Struggle for life (che esce anche in versione singola), in cui al quintetto si aggiungono Lengyel Zoltán (piano e tastiere), Légrádi Gáborcome voce solista e Madai Zsolt (batteria e tastiere). L'album contiene anche la versione di Starless succitata, cantata da Wetton, e diverse improvvisazioni. E che la dimensione live sia particolarmente congeniale al gruppo, lo dimostrano anche i successivi progetti, che vedono gli After Crying esibirsi alla Liszt Ferenc Academy of Music di Budapest il 2 ottobre del 2000, accompagnati da un'orchestra sinfonica e dal solito stuolo di ospiti. La bellissima performance viene documentata da un nuovo album dal vivo, intitolato Botoleg Symphony, che vede la luce nel 2001. Non si hanno, al momento, ulteriori notizie sul futuro discografico della band, che predilige per ora le esperienze dal vivo continuando a suonare soprattutto in Ungheria. Di sicuro, si tratta di un gruppo che ha dato nuovo vigore al rock progressivo negli anni '90 e che ha tutte le carte in regola per continuare a far parlare di sé negli anni a venire. 

Discografia

Overground Music (1990/Periferic Records)
Lo strepitoso esordio degli After Crying avviene con questo disco prettamente acustico, in cui gli strumenti classici quali piano, violoncello, flauto, viola ed altri fiati creano un'alchimia sonora di straordinario fascino. Musica da camera, jazz e progressive si uniscono in un connubio che non offre punti deboli. "European thing (hommage a Frank Zappa)" si apre con cori femminili che lasciano poi il campo ad evoluzioni musicali in cui piano, violoncello e flauto si inseguono in labirintici percorsi e dove le intense melodie vocali sono pregne di passione. "Don't betray me" è un breve brano melodico, guidato dal piano di Vedres e dalla voce di Pejtsik, ben accompagnati dai fiati. Molto intensa "Confess your beauty" che segue le coordinate cameristiche, mentre le tre parti di "Madrigal love", che accentuano i toni romantici e i tratti jazzistici, sono inframmezzate da "… to black…", magnifica e cupa song intrisa di malinconia. Come se non bastasse, l'album si conclude alla grande con i 10 minuti della superba "Shining". Sorta di "Islands" dei tempi moderni, drammatica e fiabesca allo stesso tempo, questa canzone si apre con la soave voce di Judit Andrejszki, che ci porta in territori dove scarseggia la luce; ma l'emozione è forte, con gli strumenti che alternano momenti di calma ad altri più impetuosi con sonorità più forti, fino ad arrivare a puntate di incredibile fervore col crescendo strumentale avvincente e suggestivo che porta alla conclusione un album bellissimo, da annoverare tra le perle del prog post-seventies. 

Megalazottak es Megszomoritottak (1992/Quint)
Dopo un esordio strepitoso non è certo facile ripetersi, eppure il nuovo album, stavolta con canzoni in ungherese, conferma appieno le buone impressioni ricavate dal lavoro del debutto. La lunghissima "A gadarai megszallott" è meravigliosa a partire dal suo iniziale incedere lento, scandito dalle battute della batteria e dalle note dolci e malinconiche di piano e violoncello. Le melodie vocali che subentrano dopo 7 minuti e mezzo mantengono intatta la tensione, mentre cominciano ad intervenire gli altri strumenti classici (oboe, fagotto, clarinetto) e si va avanti tra intuizioni jazzistiche, musica da camera e tastiere d'atmosfera, con le ritmiche pronte a variare di intensità. 22 minuti di grande musica fanno capire che siamo ormai di fronte ad una splendida realtà, ma anche il seguito dell'album offre spunti di interesse: "A kis hos" vede gli archi e i cori protagonisti, cui si aggiunge una voce femminile che seduce col suo canto triste; "Nokturn" è un altro brano breve, melodico e dalle tinte fosche; la title-track contiene 11 minuti variegati, tra tastiere classicheggianti, ritmiche nervose, soluzioni jazz-rock, archi che sembrano voler imitare la chitarra di Fripp e atmosfere drammatiche; "Vegul" è il brano con cui termina l'album ed è caratterizzato da un crescendo musicale e ritmico in cui può mettersi in mostra il batterista Gacs. 

Fold es eg (1994/Periferic Records)
Cominciamo elencando i titoli delle prime quattro tracce: "Manticore érkezése I e II" ("The arrival of Manticore I and II"), "Enigma", "Rondo"… Vi ricorda qualcosa? Si, con "Fold és ég" gli After Crying orientano il loro suono su una musica non troppo distante da ELP. Aumenta, quindi, l'utilizzo dei sintetizzatori di Vedres e Winkler, le ritmiche si fanno più incessanti e si è più vicini al rock sinfonico tastieristico che non alla musica da camera dei precedenti album. La classe resta comunque immutata ed i musicisti possono mettere in mostra ancora una volta tutta la loro preparazione e le loro brillanti idee. Se ci sono altri brani che presentano il descritto orientamento sinfonico-emersoniano (la pianistica "Cisz-dor koncertetud", le romantiche "Puer natus in Bethlehem", guidata da tastiere e tromba e la fiabesca "Kétezer év"), sono però presenti anche alcune soluzioni differenti: "Zene gitarra" è una dolce ballata acustica e strumentale guidata dalla chitarra di Torma.; "Leltar" è un brano che inizia con tre minuti esclusivamente vocali, non troppo distanti dai canti gregoriani e termina con un delicatissimo minuto in cui la tromba conduce malinconicamente alla conclusione; "Bar éjszaka van" è invece pacata e recitata e musicalmente fa pensare un po' alla library music. Citazione a parte meritano gli oltre 9 minuti di "Judas", atmosferica all'inizio, subisce poi un brusco cambio di ritmo che porta in territori più veloci e vicini ad un intrigante commistione di jazz-rock e rock sinfonico, con variazioni di tempo che permettono di passare da momenti riflessivi ad altri più movimentati. Un buon disco, ricco di spunti interessanti, anche se leggermente al di sotto dei primi due. 

De profundis (1996/Periferic Records)
"De Profundis" segna un ritorno alle sonorità classicheggianti-cameristiche dei primi due album. Il nuovo lavoro si presenta comunque molto ricco e variegato, a partire dall'opener "Bevezetés" che mostra un alone sacrale nei suoi 3 minuti e mezzo infarciti di canti gregoriani con l'accompagnamento delle tastiere. Si resta su atmosfere regali con "Modern idok", in cui violoncello, fiati e tastiere sinfoniche permettono la definizione di un sound orchestrale di squisita fattura. "Az ustokos" è un breve strumentale pianistico dai toni jazzistici, mentre "Stalker" è una superba composizione di oltre 12 minuti, dalle tinte fosche, che, introdotta da tastiere d'atmosfera e suoni percussivi, si evolve in un magnifico crescendo crimsoniano che si alterna a pause più rilassate. Con "Stonhenge", guidata dal violoncello, e la splendida e malinconica "Kulvarosi éj", emozionante brano in cui la chitarra elettrica infonde un grande coinvolgimento emotivo, accompagnata com'è dal violoncello e da echi percussivi in un suono cupo e profondo, il disco si fa ancora più venato di tristezza. "Manok tanca" stempera leggermente questo momento molto intenso, con una musica cameristica in cui piano e violoncello si inseguono elegantemente, con il flauto sempre pronto a dare un apporto vagamente barocco. "Kifulladasig" vede nuovamente la chitarra elettrica protagonista, anche se non riesce a toccare le punte di sensibilità di "Kulvarosi éj". Più incisivi gli 11 minuti della title-track, elegiaca suggestione dalle belle melodie e nuovamente vicina alla musica da camera. Seguono tre brevi brani: "Jonas imaja", recitato e teatrale, "Elveszett varos", dai ritmi drammatici, condotta da ottoni e tastiere, e "Kisvasut", divertissement pianistico. "Eskuszegok" è un rock sinfonico dalle molteplici sfumature e con una ricchissima strumentazione ed avvia alla conclusione il disco, che dopo la brevissima "40 masodperc" termina con "A vilag végén", ossessiva, con voce femminile e degno finale di un ottimo album che non fa che confermare il gruppo ungherese tra i migliori esponenti prog del periodo. 

Elso evtized (1996/Periferic Records)
Interessante doppio album costituito da un cd antologico ed uno live. Il primo dischetto contiene infatti per lo più materiale dai vari dischi finora pubblicati, ma anche numerosi e gustosi brani inediti e versioni in ungherese di qualche brano di "Overground music" che confermano tutte le caratteristiche e le buone impressioni del gruppo. Il secondo invece immortala un'esibizione dla vivo del 1991, con formazione ampia, che include anche la cover della celebre "21st Century schizoid man" dei King Crimson

6 (1997/Periferic Records)
Aperto da un breve strumentale, "Save our souls", di ambientazione cameristica, il nuovo album vira subito in direzione di un aggressivo jazz-rock con i 29 minuti di "Panem et circenses", suddivisi in 6 tracce che partono con la veemente "Fun fair land open", proseguendo poi con la classicheggiante e delicata "Providence - Dance with the sleep-walker marionettes" (cantata da una soave voce femminile) e gli orientamenti verso il jazz d'avanguardia di "Providence - Trash-flow", dalle ritmiche robuste, a sua volta suddivisa in quattro sezioni che culminano con il divertissement pianistico "Burlesque". La lunga suite continua con la delicatissima "Sleepin' Chaplin", in cui violoncello, chitarra elettrica e fiati regalano meraviglie, poi con "Madrigal love part four", non del tutto convincente nell'unire classica ed avanguardia, per andare a concludersi con i 6 minuti di "Final", contraddistinta da un'apertura cameristica, un robusto andamento percussivo, la drammaticità sinfonica degli archi e il finale a cavallo tra rock sinfonico e jazz moderno memore dei King Crimson di "Lizard"- "Islands". Si passa così a "Intermezzo", breve piece strumentale guidata dal piano e dalla tromba che precede l'altra lunga suite "Farewell to 20th Century", costituita da cinque tracce che si protraggono per un totale di oltre 27 minuti. Si va dalla maestosità à la ELP di "Viaduct" alle atmosfere tranquille, pregne di folk dell'Europa orientale di "The man and the rock", passando per nuovi spunti di energico jazz-rock quali "Salto mortale I", per il dolce romanticismo di "Enigma II" e per il rock sinfonico di "Struggle for life". Si giunge al termine con "Conclusion", il cui sottotitolo "A tribute to Keith Emerson" dice tutto. Cantato principalmente in inglese, "6" non convince del tutto. Sarà che gli After Crying avevano abituato alla perfezione o quasi, sta di fatto che il nuovo lavoro, pur guadagnando un'ampissima sufficienza, grazie a spunti di indubbio interesse e alla classe di sempre, segna un leggero passo indietro rispetto alle precedenti prove. 

Almost pure instrumental (1998/Periferic Records)
Ancora una sorta di antologia, visto che siamo di fronte ad un lavoro contenente alcuni dei migliori episodi strumentali contenuti negli album finora realizzati, più alcuni inediti di notevole qualità. Il disco contiene oltre un'ora di grande musica e merita attenzione, anche se non aggiunge nulla di particolarmente nuovo rispetto a quanto fatto finora dagli After Crying.

Struggle for life (2000/Periferic Records)
Se prima c'era qualche dubbio, l'uscita di questo doppio live non lascia più adito a incertezze: negli anni '90 gli ungheresi After Crying vanno assolutamente considerati tra i migliori gruppi progressive in circolazione (se non il migliore)! Già autori di diversi eccellenti album, questi straordinari musicisti si cimentano alla grande nella prova dal vivo. Il risultato è un disco stratosferico, in cui i toni drammatici e la spettacolarità della musica degli After Crying raggiungono l'apice. L'ensemble abbina in maniera straordinaria come sempre il progressive rock di derivazione crimsoniana e la musica da camera. Alla strumentazione rock si affiancano, infatti, numerosi strumenti classici, tra cui violino, flauto, trombone, fagotto, violoncello, etc. Nei momenti in cui sono questi strumenti a prendere il sopravvento, la musica del gruppo si fa cupa e fortemente drammatica, mentre nei momenti più rock (ma è riduttivo definirli semplicemente rock) si evidenziano quelle tipiche dissonanze care al Re Cremisi. Presente anche la splendida cover di ''Starless'', storico brano della band di Robert Fripp, a cui partecipa come ospite d'eccezione John Wetton. Quest'album è davvero magnifico e, oltre ad essere un appuntamento impedibili per gli amanti di questo gruppo, può anche rappresentare un ottimo punto di partenza per chi non conosce gli After Crying e vuole rendersi conto della loro eccezionale proposta musicale. 

Bootleg symphony (2001/Periferic Records)
Un nuovo album dal vivo per celebrare un'occasione speciale: viene infatti documentato lo splendido concerto del 2 ottobre 2000 realizzato insieme ad un'orchestra sinfonica. Emerge, ancora una volta, tutta la classe del gruppo, le cui composizioni trovano nuova linfa negli arrangiamenti orchestrali. Prestazione strepitosa e concerto bellissimo, con alcuni dei migliori brani mai realizzati dagli After Crying ("Suburban night", "Shining", "Enigma", "Arrival of the Manticore I") a regalare nuove emozioni insieme a estratti di "6" che guadagnano punti con le loro nuove versioni, più l'inedito "Night-red/Ejszaka". Un altro disco di grande fascino arricchisce una discografia di elevatissimo livello. 

Peppe
Gennaio 2003