Brani:
1-Fuga e morte; 2-Indietro nel tempo; 3-Paura di niente; 4-Smarrimento; 5-Cimitero di guerra; 6-Voglia di rivivere; 7-E poi
Formazione:

Matteo Vitolli: chitarra elettrica, chitarra acustica, percussioni, pianoforte preparato, flauto; Gilberto Trama: flauto, sax tenore, pianoforte preparato, piano, organo, corno; Vito Paradiso: voce, chitarra acustica; Eddy Lorigola: basso; Ricky Rebajoli: batteria, timpani, percussioni

Tecnico del suono: Davide Marinone. Mixaggio: Davide Marinone, Gianfranco Longo
Anno: 1973, Phonogram/Mercury. Ristampa cd 2003 BTF - Durata: 38:18

Anno 1973: momento di grande splendore per il progressive tricolore. Arbeit macht frei, Io sono nato libero, Photos of ghosts e L'isola di niente, Palepoli, Felona e Sorona, Campo di Marte, Melos, Inferno, Clowns, Contaminazione, Dedicato a Frazz, Come un vecchio incensiere… Sono solo alcuni dei grandissimi album che arricchirono una delle annate più fertili e creative della scena italiana. Tra tanto ben di Dio, capita a volte di dimenticarsi scelleratamente dell'unico lavoro dei lombardi De De Lind, che non solo non sfigura affatto rispetto ai dischi citati, ma è da ritenere uno dei punti di riferimento più importanti in assoluto del progressive della nostra penisola.

L'originalità della band, le capacità tecnico-compositive indiscutibili dei musicisti, un vocalist bravo e coinvolgente, la naturalezza con cui si passa da spunti tirati ad un sound romantico e il fascino degli intarsi elettroacustici sono tutti punti di grande forza che rendono Io non so da dove vengo… un album fantastico. Nelle sette composizioni che lo formano si può trovare tutto ciò che un cultore del progressive va a cercare. Partendo da una solida personalità di base, i De De Lind riescono a cimentarsi, infatti, in una proposta dinamica e ricca di sfumature. Chitarre spesso in primo piano creano scenari aggressivi nei momenti elettrici non distanti dall'hard rock, ma favoriscono anche una straordinaria delicatezza quando si punta sulle melodie acustiche. I flauti onnipresenti si adeguano alle diverse situazioni accentuando la vena romantica nei momenti più morbidi e contribuendo a trascinare, in pieno stile Anderson, quando velocità e irruenza aumentano. Chiaramente, tutto questo è favorito da una coppia basso-batteria molto agile e atta ad offrire una base ritmica pronta ad ogni variazione. Più di contorno le tastiere (in netta controtendenza rispetto alle mode dell'epoca), raffinate cornici di un sound che raggiunge un eleganza fuori dal comune. Le atmosfere evocative e a tratti misteriose permeano l'intero disco e fanno emergere una certa vena malinconica che colpisce e seduce facilmente. Quando non si parla di grandi nomi, spesso si utilizza l'aggettivo “minore”, ma è davvero riduttivo applicare un simile termine per un prodotto di tale bellezza e caratura. Per questo non esito a ripetere che Io non so da dove vengo… è un album spettacolare che merita pienamente un ruolo di primissimo piano nella storia del prog italiano. La recente ristampa in vinyl replica della BTF può aiutarci a non dimenticarlo…

Peppe
ottobre 2004