Il chitarrista Phil Miller è uno di quegli eroi canterburiani che negli anni ’70 hanno contribuito a tener vivo uno dei filoni più interessanti del progressive. Dopo le esaltanti esperienze con Hatfield & the North e National Health, Miller ha iniziato una carriera solista che vede in Cutting both ways una summa della sua arte musicale. E lo spirito canterburiano non si è minimamente perso; d’altronde, sarebbe stato strano il contrario, visto che in quest’album troviamo altri grandi nomi in una formazione base che vede il chitarrista affiancato da Hugh Hopper, Pip Pyle, Elton Dean e Pete Lemer, con, in più, un paio di composizioni in cui è il grande Dave Stewart a dar man forte a Miller.
Una vera e propria all-star band, quindi, che raccoglie alcuni tra i più importanti protagonisti di qualche decade fa. Il disco che ne esce fuori è uno spumeggiante lavoro in cui il Canterbury sound viene in parte rimodellato e modernizzato, rimanendo vicino ad un jazz-rock elettrico di assoluto spessore.
Già i sedici minuti della mini-suite Green & purple extract/Hic haec hoc/A simple man mostrano la classe dei musicisti attraverso sonorità movimentate ed evoluzioni dal grande fascino, in cui il sassofono di Dean è spesso protagonista in fughe soliste da brivido, la coppia ritmica Hopper-Pyle fa faville con vertiginosi cambi di tempo e stilistici, il tastierista Pete Lemer si mostra abile cesellatore e Miller fa sognare con i suoi tocchi a volte melodici, a volte frenetici, ma sempre ispirati.
Le ottime impressioni suscitate da questo ottimo inizio sono confermate da Eastern region e Second sight, brani dalla lunghezza più contenuta, ma che non smettono di emozionare, grazie soprattutto alla sei corde che, tra accenni fusion e rimandi ai tempi d’oro, dialoga meravigliosamente con un sax più vicino al jazz classico e con le tastiere il cui timbro conferisce modernità. Ci sono a questo punto due brani più particolari che vedono protagonisti Miller e Stewart: in Hard shoulder, unico brano cantato (ma in “vocalese”, da Barbara Gaskin) ritroviamo lo spirito dei National Health, ma la fredda batteria campionata non convince; nei nove minuti di Figures of speech, invece, il chitarrista e il tastierista si esibiscono in una sorta di ambient-jazz, in cui, su una base atmosferica, fanno intrecciare sapientemente le note dei loro strumenti, lanciandosi anche in apprezzabili solos. Nella conclusiva Green & purple ritroviamo i protagonisti della line-up di base ed abbiamo l’ennesimo saggio di bravura: ritmiche jazzate all’inizio e sax di Dean a lanciarsi in continue evoluzioni; dopo tre minuti entra in gioco Miller per una breve esibizione che lascia il posto al momento solista di Lemer; intanto basso e batteria crescono d’intensità prima del finale in cui è ripreso il tema di base iniziale dal sax.
Giù il cappello! Questo è un grande disco, non solo per i più incalliti canterburiani.
1987, Impetus Records / ristampa in cd 1989, Cuneiform Records
1. Green & Purple Extract / Hic Haec Hoc / A Simple Man (15:59); 2. Eastern Region (5:58); 3. Hard Shoulder (4:32); 4. Figures Of Speech (9:06); 5. Green & Purple (9:32)
Bonus track on 1989 CD release:
6. Second Sight (5:02)
6. Second Sight (5:02)
Phil Miller: guitar, synth guitar (3,4); Barbara Gaskin: vocals (3); Elton Dean: saxes; Peter Lemer: keyboards; Dave Stewart: synths (3,4); Hugh Hopper: bass; Pip Pyle: drums.
Peppe
marzo 2003
(articolo originariamente pubblicato su Trespass Magazine - Rivista indipendente di musica evolutiva - n. 2 - primavera 2003)
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