Mentre Steve Hackett continua ad omaggiare il suo passato con concerti di successo in tutto il mondo dopo il secondo Genesis revisited, ecco che la Mellow Records pubblica un tributo al chitarrista. Si tratta di Steppes beyond the Colossus, secondo dei tre cd del progetto Tribute to Genesis solo careers, uscito circa un anno dopo Family snapshot, dedicato a Peter Gabriel.
Hackett è stato il primo di tutti i musicisti transitati nei Genesis a tentare la via solista, nel 1975, con il magnifico Voyage of the acolyte, nel quale, potendo per la prima volta dar sfogo a tutta la sua creatività, inanellò una serie di composizioni di grande fascino, che restano tutt’oggi molto amate da i suoi fan e dagli appassionati di progressive rock. Dopo l’uscita dai Genesis ha proseguito una carriera di tutto rispetto sempre all’insegna della qualità, che solo di rado ha mostrato qualche calo di ispirazione. Se nei primi quattro album il nostro ha continuato ad esibire un legame molto forte con il prog, a partire dagli anni ’80 è emersa la voglia di andare ad esplorare anche altri territori. Si sono susseguiti, così, lavori vicini all’AOR, dischi per sola chitarra acustica ed altri accompagnato dall’orchestra, un’inevitabile capatina nel blues, incursioni nella musica etnica, omaggi ai Genesis e al prog storico, live acustici ed elettrici sempre piacevoli, una miriade di collaborazioni con colleghi noti e meno noti e le pubblicazioni in studio degli ultimi lustri ci hanno mostrato un artista pronto a far valere questa eterogeneità e in grado di essere molto prolifico.
Arrivati al 2014, ecco che per la prima volta la musica di Hackett viene omaggiata con un intero cd ad essa dedicato e con protagonisti sedici artisti di varia estrazione e nazionalità (anche se la maggior parte si tratta di italiani). Essendo la Mellow Records, promotrice di questo progetto, un’etichetta legata al mondo del prog (che è anche lo stesso mondo di quasi tutti i musicisti coinvolti), non sorprende il fatto che viene chiaramente privilegiata quella parte di carriera che vi è maggiormente vicina. Nel cd sono presenti sedici tracce che coprono circa settantotto minuti di musica. La scelta per la scaletta è stata quella di seguire un ordine cronologico, inserendo dapprima i brani dell’album di debutto di Hackett e proseguendo via via, in base alle scelte dei partecipanti, fino ad arrivare alla conclusiva Sleepers, tratta da Out of the tunnel’s mouth del 2009. Sono i primi due album, Voyage of the acolyte e Please don’t touch, a prendersi il maggior numero di omaggi, con quattro estratti a testa.
Il compito di aprire le danze è affidato agli Spirits Burning, gruppo americano di una certa esperienza, che vanta già diversi lavori in studio a cavallo tra prog e psichedelia moderna e varie collaborazioni e che è capitanato da Don Falcone. Questi statunitensi non potevano certo essere banali e la loro versione di A tower struck down si dipana lungo cinque minuti di un sound in cui il celebre tema di base è eseguito dai fiati e, mentre i ritmi restano serrati, si aggiungono anche vocalizzi femminili stravaganti e campionature varie. L’ultimo minuto, inoltre, si fa particolarmente delicato, grazie al timbro di una elegante chitarra acustica. Ottimo inizio, non c’è che dire!
A seguire Paolo Sommariva (che in passato ha collaborato con i Nostalgia di Massimo Mazzeo sia come musicista che come disegnatore di copertine) esegue una personale versione di Ace of wands, storica opener dell’album d’esordio solista di Hackett e che qui troviamo in un rifacimento per sola chitarra classica. Si tratta di un’esecuzione agile e pulita, che dimostra, oltre le doti di questo bravo musicista, anche come questo pezzo rimanga una meraviglia in tutte le salse.
L’accoppiata Gianni Cristiani (al flauto e al piccolo) – Barbara Bonelli (all’oboe e al corno inglese), forma i Clarion, che, insieme a musicisti degli Zauber, nome storico del prog italiano, esegue una magica Hands of the priestess. Chi conosce già la produzione degli artisti citati non si può meravigliare né della scelta del brano né della validità della cover. Clarion e Zauber, infatti, si sono sempre dedicati ad un prog molto melodico, incentrato spesso sulla delicatezza del flauto e caratterizzato da non pochi legami con la musica classica. Le morbidissime melodie disegnate dagli strumenti a fiato, unite alla leggerezza dell’accompagnamento di tastiere, basso e batteria non fa perdere smalto all’originale composizione hackettiana.
Tra i gruppi italiani del nuovo millennio più vicini al new-prog i siciliani Conqueror meritano un posto di rilievo grazie ad una manciata di ottimi album, magari non originalissimi, ma caratterizzati sempre da un buon gusto e da una raffinatezza fuori dal comune. La loro Shadow of the hierophant perde un po’ di maestosità con i nuovi arrangiamenti, nei quali sax, flauto e pianoforte rivestono ruoli fondamentali. Ma la positiva prova vocale di Simona Rigano, la coesione di gruppo e il solenne crescendo strumentale di enorme fascino che caratterizza questa perla del repertorio di Hackett spingono ad un giudizio estremamente favorevole anche per questa traccia.
I Grey Lagoon sono una formazione originaria di Roma con un cd alle spalle e puntano su Narnia. Nonostante la piacevole partenza con incroci tra strumenti elettrici ed acustici, si tratta forse dell’unico brano che non convince del tutto, un po’ per i timbri scelti, un po’ per i suoni di batteria che appaiono vagamente lontani e ovattati.
I Leviathan di Andrea Amici non sono certo un gruppo di primo pelo, visto che hanno esordito già verso la fine degli anni ’80, quando il prog attraversava il suo periodo peggiore, contribuendo a dare stimoli per una rinascita che a livello di grande pubblico non ha dato grandi risultati, ma che ha permesso a tantissimi nuovi artisti di farsi conoscere tra gli appassionati nel decennio successivo. Con la loro partecipazione a questo tributo rivisitano le fantastiche e docili melodie di Kim con le tastiere, riuscendo a regalare due minuti emozionanti e coinvolgenti.
I Narrow Pass sono un progetto portato avanti da Mauro Montobbio, chitarrista che non ha mai negato quanto sia stato influente Steve Hackett nella sua musica e nel suo approccio stilistico allo strumento. La sua scelta cade su How can I?, suonata con un quintetto che permette una grande varietà timbrica, visto che Montobbio non vuole fare il protagonista assoluto e i suoi interventi con chitarra elettrica, dodici corde e guitar synth sono ben bilanciati dalle parti di tastiere, piano e flauto.
Jay Tausig è un polistrumentista americano che, oltre ad avere una carriera ricca di album e collaborazioni, è stato presente già in numerosi dischi tributo, sia in alcuni organizzati dalla Mellow, sia in alcuni dedicati ai Genesis (ha realizzato le cover di Undertow per Supper’s ready, uscito nel 1995 e di Visions of angels per The fox lies down del 1998). In passato, quindi, aveva già mostrato grande dimestichezza impegnandosi in cover di altri artisti e fa sicuramente bella figura anche con il repertorio di Steve Hackett. Infatti, la sua versione di Icarus ascending, in cui canta e suona tutti gli strumenti (chitarre, basso, batteria, sintetizzatori) segue grosso modo l’originale, indurendo e “sporcando” un po’ il suono in generale e a tratti sfiorando lo space-rock, tutte cose che regalano comunque un piacevolissimo effetto.
Tra i momenti clou del disco c’è senza dubbio Clocks rivista dal Pensiero Nomade. Si tratta di un progetto portato avanti da Salvo Lazzara (che i più attenti ricorderanno come chitarrista dei pisani Germinale), che ha già realizzato quattro album con questo nome, nei quali spesso e volentieri l’influenza hackettiana è venuta a galla. Con effetti elettronici e samplers e coadiuvato da Davide Guidoni alla batteria e alle percussioni è riuscito a dare un piglio molto moderno a Clocks, che resta sempre incredibilmente trascinante con le sue scorribande chitarristiche.
Subito dopo un altro pezzo forte del tributo, con Tigermoth, ad opera dei Karda Estra. Qui ci spostiamo in Gran Bretagna, dove il polistrumentista Richard Wileman già verso la metà degli anni ’90 esordiva con questo progetto, che col passare del tempo si è affermato attraverso numerosi album di grande qualità e per merito di una musica sinfonica e dai tratti dark e misteriosi. Curiosa la scelta di Tigermoth, che, all’inizio, con la sua aggressività, si discosta non poco dalle trame tenui, oniriche e classicheggianti che ha messo in mostra nei suoi dischi. Ma sono proprio queste ultime caratteristiche a venire a galla dopo il primo minuto, con tastiere ed effetti a creare intriganti atmosfere, che toccano il culmine con i soavi interventi vocali della bravissima Ileesha Wileman.
La monumentale The steppes è eseguita con grande perizia da Roberto Magni, impegnato con tutti gli strumenti. Si tratta di un musicista attivo già dagli anni ’80, che ha suonato con alcune apprezzate prog band italiane quali Sithonia, Meselgise e TenMidnight e che, dopo due esperienze soliste per delle compilation, si ritrova ora alle prese con un’esecuzione abbastanza fedele di uno dei brani più rilevanti dell’intero repertorio hackettiano. Non si ravvisano grandi variazioni rispetto all’originale, ma è sempre un bel sentire e sicuramente Magni fa bella figura.
La chitarra e le tastiere suonate dal finlandese Otso Pakarinen si alternano alla guida di Jacuzzi, vibrante e con i giri ben spinti dalla sezione ritmica formata da Davide Guidoni e Fabiano Spiga. In questa veste targata Ozone Player, il brano proveniente da Defector, tuttavia, lascia qualche piccola perplessità, similmente alla traccia dei Grey Lagoon, non tanto per l’esecuzione che è sicuramente buona, quanto per i timbri di tastiera un po’ freddi, che sembrano stridere negli avvicendamenti con le sonorità più roventi della sei corde elettrica.
Marco Lo Muscio, organista di estrazione classica, sta facendo parlare molto di sé nel mondo dei Genesis, visto che ha un ampio curriculum, nel quale può vantare, tra le altre cose, collaborazioni proprio con Steve Hackett e con il fratello di quest’ultimo, John. Stavolta dà il suo contributo arrangiando al pianoforte una Hammer in the sand che definire emozionante è restrittivo. Uno di quei brani da non descrivere, ma soltanto da ascoltare; magari ad occhi chiusi…
Anche Lucio Lazzaruolo non dovrebbe avere bisogno di presentazioni. Già con il Notturno Concertante ha svolto un ruolo di primo piano nella rinascita del prog italiano tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Negli anni recenti, tra un progetto e l’altro, ha sfornato due album solisti di grande valore per sola chitarra classica. E per questo tributo ripesca un brano già utilizzato per uno di questi lavori. Solo un minuto e venti per la sua esibizione, ma una Tales of the riverbank da brividi, che ricorda alla perfezione come Steve Hackett abbia regalato meraviglie non solo con la chitarra elettrica.
Nel finale le due scelte più “coraggiose”, per la decisione di puntare sul repertorio più recente di Hackett. Orchestre Celesti è il nome del progetto di Federico Fantacone, che ha dato già alla luce diverse autoproduzioni. Qui viene proposta Transylvanian express, tratta da Wild orchids. Tastiere protagoniste assolute, accompagnamento con batteria elettronica ed ottima esecuzione, che mette in evidenza discrete capacità tecniche, per uno di quei brani caratterizzati da ritmi veloci e che tolgono il fiato.
Infine i campani Algebra, spesso presenti in progetti di questo tipo. Anche stavolta, come nelle loro altre partecipazioni a tributi, puntano su un brano non banale e decidono di proporre nuovi arrangiamenti per dare una personale visione dell’opera di Hackett. La traccia è Sleepers, presente in Out of the tunnel’s mouth. Inizio con viola, chitarra e tastiere che creano un ambientazione classicheggiante, poi arriva la parte cantata prima dell’esplosione ritmica e dell’inserimento di suoni che ricordano il folk irlandese e che contrastano con l’intervento a sorpresa di una voce growl. Si prosegue all’insegna della fantasia, tra intrecci strumentali e ricchezza di arrangiamenti. Versione sicuramente curiosa e bizzarra, difficile dare un giudizio, ma premiamo il coraggio di trasformare l’originale in qualcosa di diverso, che porta a termine il tributo nella maniera più stravagante possibile.
Anche per Steppes beyond the Colossus la grafica è stata affidata a Davide Guidoni, sempre più affermato nel campo, che ha preso spunto dall’artwork di vari dischi di Hackett, personalizzando il tutto e ottenendo un risultato finale che ancora una volta gli vale parole di elogio. Nel booklet sono presenti un’introduzione di Mario Giammetti in inglese, nonché i credits di ogni traccia, dove vengono indicate formazioni e strumentazione, links, l’album da cui è tratta la canzone e varie altre informazioni. Tirando le somme, si tratta di un altro tributo ben fatto per la Mellow Records; traspare l’amore verso la musica di Hackett da parte dei musicisti coinvolti e ci dà l’occasione di riassaporare, a volte in veste nuova, un bel po’ di grandi pezzi del chitarrista. Ora non resta che aspettare la terza e ultima parte del progetto di base, con l’ultimo cd dedicato alla produzione solista degli altri membri dei Genesis.
2013, Mellow Records
1. SPIRITS BURNING - A Tower Struck Down 05:03
2. PAOLO SOMMARIVA - Ace of Wands 03:26
3. CLARION - Hands of the Priestess 04:49
4. CONQUEROR - Shadow of the Hierophant 08:21
5. GREY LAGOON - Narnia 05:48
6. LEVIATHAN - Kim 02:08
7. NARROW PASS - How can I? 05:38
8. JAY TAUSIG - Icarus Ascending 05:22
9. PENSIERO NOMADE - Clocks 04:49
10. KARDA ESTRA - Tigermoth 07:41
11. ROBERTO MAGNI - The Steppes 06:03
12. OZONE PLAYER - Jacuzzi 04:38
13. MARCO LO MUSCIO - Hammer in the Sand 03:08
14. LUCIO LAZZARUOLO - Tales of the Riverbank 01:18
15. ORCHESTRE CELESTI - Transylvanian Express 04:12
16. ALGEBRA - Sleepers 05:07
2. PAOLO SOMMARIVA - Ace of Wands 03:26
3. CLARION - Hands of the Priestess 04:49
4. CONQUEROR - Shadow of the Hierophant 08:21
5. GREY LAGOON - Narnia 05:48
6. LEVIATHAN - Kim 02:08
7. NARROW PASS - How can I? 05:38
8. JAY TAUSIG - Icarus Ascending 05:22
9. PENSIERO NOMADE - Clocks 04:49
10. KARDA ESTRA - Tigermoth 07:41
11. ROBERTO MAGNI - The Steppes 06:03
12. OZONE PLAYER - Jacuzzi 04:38
13. MARCO LO MUSCIO - Hammer in the Sand 03:08
14. LUCIO LAZZARUOLO - Tales of the Riverbank 01:18
15. ORCHESTRE CELESTI - Transylvanian Express 04:12
16. ALGEBRA - Sleepers 05:07
Peppe
giugno 2014
(articolo originariamente pubblicato su Dusk Genesis Magazine n. 77 - luglio 2014)
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