Brani:

The allegory of light (1-3): 1-M.O.T.H.; 2-Beggar’s tale; 3-Distant light; In the age of mankind (4-5): 4-Zinjanthropus; 5-Industryopus; 6-Forbidden; 7-Light speed; 8-The journey of Myrrdin

Formazione:

Carl Baldassarre: electric, acoustic and classical guitars, guitar synth, bass guitar and vocals on 2 and 6; Sam Giunta: piano, synthesizers; Paul Mihacevich: drums & percussion, vocals on 1

Prodotto da: Carl Baldassarre
Anno: 2003, Syzygy Music Enterprises - Durata: 62:49

Diciamoci la verità: quegli album che sono costruiti cercando di unire varie influenze, prediligendo brani lunghi e sonorità che passano dal melodico all’aggressivo, possono essere inizialmente accolti con benevolenza, ma ad un giudizio successivo e maggiormente attento fanno emergere una certa inconsistenza delle idee espresse e gli entusiasmi iniziali, alla lunga, si affievoliscono parecchio. Non è certo il caso degli statunitensi Syzygy, nati dalle ceneri dei Witsend, che con The allegory of light sfornano un lavoro da ascoltare e riascoltare con molto piacere.

M.O.T.H. mette subito in chiaro le cose: alternanza tra momenti di hard-prog elettrico ed altri acustici e pacati, cambi di tempo e grande tecnica senza mai perdere di vista il feeling. Beggar’s tale è una dolce ballata che unisce folk e romanticismo genesisiano, mentre l’influenza Yes è maggiormente avvertibile in Distant light. In Zinjanthropus si possono notare anche passaggi à la Gentle Giant, in una composizione magistrale di dodici minuti e mezzo in cui il trio americano mette in mostra, oltre l’abilità strumentale, anche capacità di composizione notevoli, tramite le quali creano un brano lirico, stuzzicante e travolgente. E si prosegue su questa scia, tra citazioni e riferimenti ai classici dei seventies, con attimi di grande delicatezza e spunti più prepotenti (di tanto in tanto si riscontra anche qualcosa che riporta alla mente i Rush), fino alla suite conclusiva The journey of Myrrdin, oltre diciassette minuti di puro progressive sinfonico in un’epica ed esaltante cavalcata strumentale. Voglio esagerare: l’album che gli Spock’s Beard non sono mai riusciti a realizzare?

Peppe
Giugno 2004