| Brani: | |
Sequenza prima: delle danze: 1-Preludio di luna piena; 2-Abraham, where is the land?; 3-Climax; 4-Shara-Marrakech; 5-Smoke rag; 6-Desert sounds; 7-Kyrie Eleison; Sequenza seconda: della conoscenza: 8-Ombre; 9-Gnoti sauton (conosci te stesso); 10-Vie interne; 11-Softmoon; 12-Cuori d’elettricità; 13-Hominem quadro; Sequenza terza: tra balsami d’incenso: 14-Interludio sospeso; 15-Vivi nascosto; 16-Danza d’incenso; 17-Mezzalunafertile; 18-Bach’s prelude; 19-Mezzalunafertile reprise; 20-Locus amoenus; 21-Canzone di Giuseppe; 22-Coda di luna calante | |
| Formazione: | |
Oderigi Lusi: organo Hammond B3, pianoforte acustico, piano rhodes, tastiere, sintetizzatori, programmazioni, fisarmonica, voce corale; Pas Scarpato: basso elettrico e acustico, chitarre acustica, classica, elettrica, voce solista; Lucio Fontana: batteria; Solimena Casoria: flauto traverso, voce; Egidio Napolitano: percussioni e rumori d’ambiente. Ospiti: Michele Mutti: sintetizzatore su 9; Lino Vairetti: voce su 2; Giovanni Mauriello: voce su 7; Franco Malapena: mandolino e voce tenore; Stefano Larizza: voci corali; Giulio Cozzuto: chitarra solista; Umberto Muselli: sax tenore; Paolo Sasso: violino elettrico, violino acustico e viola; Peppe Sasso: programmazioni e campionamenti, violino acustico, sax soprano, fiati irlandesi, diatonica; Omayyash Kuswami: tromba, flicornino; Jaspo Kurson-Florini: trombone a trio; Giorgio Zambonini “Zambo”: chitarra solista in 22 | |
| Produzione artistica: Oderigi Lusi, Peppe Sasso, Pas Scarpato Anno: 2004, Ma.Ra.Cash Records - Durata: 73:27 |
Lavoro atteso ed immediatamente osannato da molti, Danze d’incenso segna l’esordio dei campani Malaavia, band che sforna subito un album estremamente maturo e finemente composto. Il progressive più classico degli a nni ’70 viene rielaborato ed attualizzato dal duo Oderigi Lusi e Pas Scarpato, musicisti capaci di assimilare le più disparate influenze e di riproporle in chiave personale e decisamente suggestiva e ben coadiuvati da altri musicisti e da ospiti di eccezione.
Danze d’incenso è idealmente diviso in tre sequenze ed offre ben ventidue canzoni dalle quali traspare la forte componente mediterranea del gruppo che si amalgama alla perfezione con il rock sinfonico di base. I brani sono spesso legati l’uno all’altro senza soluzione di continuità e nonostante vengano esplorati generi diversi si avverte un’uniformità notevole. Emblematica la prima sequenza, in cui si parte con un’introduzione classicheggiante (Preludio di luna piena), passando poi per una composizione melodica e progressiva che entrerebbe bene in qualsiasi album italiano degli anni ’70 (Abraham, where is the land?), una coda atmosferica (Climax), una canzone orecchiabile, ma tutt’altro che banale (Sahara-Marrakech), un accenno di jazz allegro (Smoke rag) che sfocia in uno strumentale che sa di jam session col sax in bella evidenza (Desert sounds), fino a concludersi con i ritmi elettronici e ballabili di Kyrie Eleison. Il resto del cd prosegue su questa scia, presentando anche situazioni folkloristiche e di world music che sembrano gettare un ideale ponte tra la nostra penisola e le varie culture musicali del Mediterraneo e del Medio Oriente. Emerge, così, un’estrema raffinatezza della quale va evidenziato il grande pregio di un grado di fruibilità abbastanza elevato, anche per chi è abbastanza a digiuno di prog, nonostante si eviti di andare troppo sul commerciale e/o sulla semplicità. Ci sono alcuni gioiellini di pregevolissima fattura, come Gnoti sauton, Cuori d’elettricità, Interludio sospeso, Danza d’incenso, Mezzalunafertile e la relativa ripresa e Coda di luna calante, che mostrano musicisti con ottime idee e capacità strumentali eccellenti. Merita attenzione anche il linguaggio con cui si esprimono i Malaavia, grazie agli avvicendamenti di un’ottima ugola femminile e calde voci maschili (oltre Pas Scarpato, si segnala la presenza di ospiti importanti quali Lino Vairetti, Giovanni Mauriello della Nuova Compagnia di Canto Popolare e di un tenore) e a testi che, similmente agli Osanna e al primo Pino Daniele vanno a tratti a mescolare abilmente italiano, inglese e napoletano. Ci sono un paio di cadute di tono (la citata Kyrie Eleison e Vie interne, che rimanda a certa disco-music di fine anni ’70), ma si tratta di pochi minuti su un totale di oltre settantatre che dimostrano che i Malaavia non sono una semplice speranza, ma già una realtà del progressive tricolore.Peppe
Giugno 2004
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