Brani:

1. Socrates - 2. Galatea 3.3 - 3. When It All Comes Together - 4. Raking the Bones - 5. Call Me Old and Uninspired or Maybe Even Lazy and Tired but Thirteen Heads in the Backyard Says You're Wrong - 6. Yes & No - 7. Wheel of the World.

Formazione:

JIM ANDERSON - Bass guitar, Bass Pedals JOHN MABRY - Vocals; MALCOM SMITH - Guitars, Guitar Synth; MARC SPOONER - Keyboards by Kurzwell, Roland, and Clavia; con JEFFREY BAKER - Drums on 2,4,5,6 & 7; BOB KOEHLER - Drums on 1 & 3.

Anno: 2004, Trope audio - Durata: 57:02

 

 Dopo il successo di pubblico e di critica del loro primo CD Starfooted riecco i Metaphor, band americana dell'area di San Francisco Bay che inizia la carriera come tribute band dei Genesis. Questi abili musicisti, grazie anche alla loro flessibilità, confezionano questo nuovo lavoro evocativo di un prog tradizionale romantico e sinfonico, ma che volge sicuramente verso nuove esperienze alla ricerca di melodie inedite. La band si impegna a creare una musica progressiva interessante dove si avvertono le influenze classiche dei Genesis (in particolare nel lavoro dell'ottimo chitarrista e compositore Malcom Smith), dei Gentle Giant, Yes, Camel, ecc., ma il risultato è sicuramente originale e piacevole con molteplici cambi di tempo per tutta la durata di queste "Sette Canzoni Allegre di Morte". Si parte con Socrates con la sua miscela di rock sinfonico europeo e il tipico stile americano e Galatea, più vicina a Peter Hammill per le parti vocali, dove toccanti melodie e splendide parti strumentali ci fanno sognare e commuovere; si prosegue con la delicata nenia dagli echi canterburiani When It All Comes Together e l'intricata Raking The Bones con una sezione ritmica ed il canto di John Mabry che ricorda sicuramente i migliori Echolyn. Un brano di transizione dal titolo lunghissimo, Call Me Old and Uninspired….. che ci richiama ancora gli Echolyn, fa da prologo alla suite Yes & No che ci regala quasi diciotto minuti di notevole caratura: maestria strumentale e un bel canto consegnano un brano emozionante e ricco di spunti di un prog, si vicino a Marillion e Gentle Giant, ma sicuramente raffinato e coinvolgente, dove è evidente la ricerca della band di esplorare anche nuovi territori più personali. Il finale è veramente notevole con un brano, Wheel of the World, dal sapore jazz-oriented, dove il contributo del sax impreziosisce le parti narrate dal bravo John Mabry.

 

Progman59
Aprile 2004