| Brani: | |
| Tadj Mahall Gates, Nightmare, And I hate her, Autumn, You who know, Ghost you love, Tu qui omnia scis, Friends, Christmas time, Loneliness, Carelessness song, Fruits of meaning | |
| Formazione: | |
Lionel Giardina: chant (lead), textes, guitares, Layotron; Frédéric Woff: clavier soliste, orgue Hammond, mellotron, batterie, percussions, contrebasse; Vincent Chevalier : chant (backing), mellotron, Fender Rhodes, piano acoustique; Pascal Riaux : guitares; Tristan Péan : guitar basse (tracks 1, 2, 6, 10); Avec : Mickael Plihon : trompette, bugle; Nathalie Petibon : hautbois; Marion Thomas : harpe celtique; Jean-Marie Rebours : cor; Les choristes : Karine & Audrey Audebert, Mélanie Panaget, Cyrille Calac; Chants lead femminins : Celia Huet, Anna Eva ansi que Romaric Hubert et sa magnifique interpretation de "Tu qui omnia scis" (voix basse soliste) . | |
| Pris de son/mixage/mastering : Frédéric Woff & Vincent Chevalier. Anno: 2002, Musea - Durata: 60:31 |
Un orientamento assunto da alcune prog bands odierne sembra essere quello di inserire nei loro album una serie di brani caratterizzati da stili musicali spesso molto diversi tra loro (ascoltare, ad esempio, i recenti lavori di Taal, Groovector, Cartoon, Izz, o anche To watch the storms di Steve Hackett). La mancanza di omogeneità di simili album è controbilanciata dall’ottimo buon gusto, dalle discrete qualità dei musicisti e da composizioni ben costruite ed arrangiate egregiamente.
Anche i francesi Aside Beside nel loro Tadj Mahall Gates si mettono in luce cimentandosi in stili abbastanza variegati. Si parte con la title-track, le cui sonorità possono far pensare ad un’unione tra i King Crimson ed uno stile canterburiano, ma già con la seconda traccia Nightmare ci si sposta su altri lidi, visto che mi vengono in mente come termine di paragone gli Echolyn di Cowboy poems free in una versione a cavallo tra jazz e sinfonismi (e con ottimo contorno di mellotron). Si prosegue con And I hate her, caratterizzata da un mellotron ancora presente e da delicate melodie wyattiane, mentre Autumn si muove tra passaggi d’atmosfera à la Oldfield e frangenti di folk-rock tipicamente francesi e non distanti da certe soluzioni adottate recentemente dai XII Alfonso (intrigante e indovinato anche l’utilizzo sia di una voce maschile che femminile). Con la breve You who know ritorna una sofisticata contaminazione di jazz canterburiano con tanto di tromba e rock sinfonico, prima di un’incursione verso certi sentieri battuti dai primi King Crimson con Ghost of love. Brano decisamente particolare è poi Tu qui omnia scis, che è una ripresa in latino di Who you know in versione lirica con tanto di cantante basso. Nuovamente doppio cantato in Friends, ballad malinconica dal sapore un po’ genesisiano. Christmas time è una dolce canzone natalizia, con belle melodie e la presenza di un coro di voci femminili e di un corno. Le note chitarristiche che aprono Loneliness sembrano fuoriuscire dalla chitarra di Hackett, o, visto che siamo in Francia, di Boffo, ma il brano si svolge in seguito attraverso continue trovate che ci permettono di ascoltare degli assolo di tromba, percussioni non distanti dalla world music, un guitar-solo frippiano e belle accelerazioni. Gli intrecci continui, le affascinanti melodie, le sonorità di flauto, chitarra e mellotron e gli stravolgimenti ritmici di Carelessness song possono essere accomunati a certe cose degli Happy the Man. La traccia conclusiva Fruits of meaning, invece, è decisamente vicina al romanticismo più classico dei Genesis. Finisce qui? Macché: dopo quasi cinque minuti di silenzio parte una ghost-track molto atmosferica, a cavallo tra suoni di moderno space-rock e melodie vocali più vicine al new-prog, che pure si presenta sufficientemente attraente. La scelta di cantare in inglese allontana decisamente gli Aside Beside dalla scuola francese capeggiata dagli Ange, avvicinandoli maggiormente proprio ai maestri anglosassoni. Posso capire le perplessità del lettore di fronte alla sfilza di nomi e di paragoni presenti nella recensione, ma probabilmente è proprio questo il modo migliore per far capire un po’ le peculiarità di Tadj Mahall Gates. Disco quindi molto variegato, ben registrato, con continui lampi di classe dettati dalla grande fantasia del gruppo; da scoprire pian piano attraverso ripetuti ed attenti ascolti. In effetti, nonostante le numerose influenze riscontrate, riesce a venire a galla una personalità fortissima, attraverso composizioni mai eccessivamente lunghe eppure finemente elaborate, dal fascino che colpisce al primo impatto, ma che ammalia sempre più man mano che esse vengono assimilate.Peppe
Settembre 2003
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