Brani:

1-Discontinuous spiral; 2-Kraken’s brain is blasting; 3-Horobi no kawa; 4-Backside edge; 5-Slave nature; 6-I am not here; 7-Shironiji

Formazione:
Akihisa Tsuboy: violins, cello in (7), guitars (5); Toshimitsu Takahashi: keyboards; Dani: bass, guitars (2,7); Shirou Sugano: drums
Prodotto da: Akihisa Tsuboy
Anno: 2003, Musea - Durata: 56:42

Dopo il promettente esordio di tre anni fa con il discreto Lost and found, i giapponesi KBB giungono alla seconda prova discografica con un lavoro che può essere visto come un ottimo passo in avanti verso la piena maturità. In questa occasione, la band guidata dal violinista Akihisa Tsuboy si mette in luce spingendo molto sull’acceleratore proponendo un nuovo disco strumentale, ma orientato, più che sul prog sinfonico, su un jazz-rock particolarmente acceso.

Perciò, stavolta, il punto di riferimento più immediato per la formazione nipponica è senz’altro rappresentato dalla Mahavishnu Orchestra, come i sette minuti dell’iniziale, vivacissima, Discontinuous spiral o le brillanti evoluzioni di I am not here stanno a dimostrare attraverso il loro sound tagliente e mordace, nel quale l’utilizzo del violino con manovre da capogiro e la frizzante sezione ritmica ci fanno subito capire il temperamento dei musicisti. Un brano come Backside edge, invece, ricorda piuttosto i nostri Arti + Mestieri, con i magici duetti tastiere-violino ed il portentoso drumming allo stesso tempo agile e potente. In altre occasioni, inoltre, non si fanno attendere un po’ di sano romanticismo (la conclusiva Shironiji) o anche dei riferimenti alla scuola di Canterbury, come comprovato dalle atmosfere di Horobi no kawa e dalle accelerazioni di Slave nature, brani in cui possiamo ascoltare dolci melodie di piano (che quando è elettrico riporta alla mente il grande Dave Stewart), sensazioni wyattiane e raffinatezze violinistiche varie. Ad ogni modo, i KBB cedono di tanto in tanto anche alle tentazioni sinfoniche, con accurati frangenti un po’ più altisonanti, oppure nei nove minuti e mezzo di Kraken’s brain is blasting, in cui ai funambolici tocchi tastieristici à la Emerson si affianca un violino impazzito che ricorda il Pagani più infuocato. Four corner’s sky è un album suonato con indubbia maestria ed i musicisti dimostrano di avere completa padronanza dei loro strumenti. Forse, a tratti, manca un po’ di cuore, ma il talento è davvero notevole, il risultato finale va considerato di estrema qualità, incisivo e penetrante e possiamo tranquillamente affermare che ormai i KBB non sono più solo una promessa del progressive odierno, bensì una splendida realtà che ha tutte le possibilità di realizzare altre prove di rilievo in futuro.

Peppe
Settembre 2003