Greg Segal e Hyam R. Sosnow sono due musicisti americani che negli ultimi anni hanno realizzato alcuni lavori autoprodotti incentrati sull’improvvisazione e sui suoni di chitarra e batteria trattati attraverso la moderna tecnologia. Si tratta di una proposta non certo facile, ma da cui trasuda passione, divertimento e voglia di sperimentare. Il duo, agendo sotto la sigla Jugalbandi, ha individuato una vera e propria classificazione delle improvvisazioni. Nei booklet dei loro album, infatti, è presente il seguente Sistema di classificazione del livello di improvvisazione secondo gli Jugalbandi:
Livello di improvvisazione 1: Totalmente improvvisato: Greg e Hyam non si accordano su nulla prima di suonare un brano di tale livello e la musica fluisce istintivamente senza seguire la benché minima base di partenza.
Livello di improvvisazione 2: Questo livello può presentare una delle seguenti caratteristiche: a) i due musicisti scambiano un paio di parole oppure si dicono il titolo della canzone prima di partire coi loro strumenti (ad esempio: “suoniamo un po’ di funk”, o “facciamo qualcosa di simile a ‘Moving towards Kyoto’”); b) uno dei due inizia a suonare qualcosa che aveva già in mente, ma che l’altro non aveva ancora ascoltato.
Livello di improvvisazione 3:
Pezzo basato su un riff composto di recente o su un accordo. Il riff o
l’accordo sono stati praticamente creati già; mentre l’arrangiamento e i
solos sono invece improvvisati.
Livello di improvvisazione 4: Brano composto con, in più, sezioni improvvisate o assolo. Solitamente c’è una struttura di base, ma le variazioni possono essere infinite (un po’ come la maggior parte dei gruppi jazz hanno sempre fatto). Ad un estremo di questo livello solo le parti solistiche sono improvvisate; all’altro, l’arrangiamento può essere del tutto mutevole.
Livello di improvvisazione 5: brano già completamente composto.
Riassumendo,
i musicisti possono seguire degli “schemi”, per così dire, che, a
partire dal livello 1, caratterizzato dall’improvvisazione totale,
crescono e assumono connotati più definiti man mano che la composizione
prende forma, attraverso l’esecuzione e l’inserimento di parti già in
qualche modo predisposte, fino a raggiungere l’interpretazione di un
brano già scritto. Nella musica degli Jugalbandi non si va mai oltre il
terzo livello e questo già rende l’idea dell’elevato grado di
improvvisazione che il duo mette in atto.
La ricerca degli
Jugalbandi è partita con una trilogia registrata tra l’1 ed il 4 aprile
del 2000. Gli album in questione hanno i curiosi titoli The view is better from the top of the food chain, Yellow star mailing list e The cram and stuff method.
In questi lavori possiamo renderci agevolmente conto delle
caratteristiche che presenta l’universo Jugalbandi. Innanzitutto,
riscontriamo un mondo sonoro in cui la chitarra di Segal viaggia
liberamente, capace di alternare con disinvoltura eleganza,
determinazione, istinto, impeto focoso, dissonanze ed ossessività,
movendosi in ogni direzione ed utilizzando effetti di ogni tipo.
Distorsori, pedali, amplificatori, e-bow, feedback e tanto altro creano
timbriche sempre diverse ed il chitarrista si esibisce in lunghe parti
solistiche, a volte frenetiche, a volte, se possibile, più ragionate.
Sosnow sta dietro a Segal con bravura, mostrandosi ideale compagno
d’avventura e con il suo drumming insegue soprattutto soluzioni solide e
decise, ma si trova sempre pronto a lanciarsi in assolo efficaci, marce
solenni e tocchi più leggeri. I dialoghi s trumentali spesso si
prolungano su temi reiterati, ma l’imprevedibilità delle composizioni
porta in più occasioni anche a frangenti maggiormente dinamici,
stridenti, oppure cosmici. Non mancano curiosissime melodie (ascoltare,
ad esempio Moving towards Kyoto, la cui musica, a detta di
Segal, è stata praticamente ispirata dal titolo) e qualche tema meglio
delineato, tracciato in base al terzo livello di improvvisazione. E’
intrigante, però, soprattutto ascoltare quelle composizioni di primo
livello, spesso lunghissime, sempre stravaganti ed imprevedibili per la
direzione in cui gli strumenti si muovono e gli effetti vari utilizzati.
Alcuni brani sono presenti in più versioni (in special modo alcuni di
terzo livello), a seconda delle loro mutazioni derivanti dell’estro del
momento. I due musicisti si esibiscono così in una proposta di non
facile ascolto e per la quale è praticamente impossibile trovare
paragoni ed un genere di appartenenza. Si può intravedere una parentela
con il R.I.O. più improvvisato, ma, rispetto a molti dei connazionali
che oggigiorno si cimentano in questo filone d’avanguardia, non troviamo
la presenza di sonorità derivanti dalla musica classica contemporanea,
mentre si possono piuttosto scorgere lontane parentele con l’hard-rock,
il jazz o certo space-rock psichedelico. Altrettanto complicato risulta
dare un giudizio di merito sull’opera artistica degli Jugalbandi; due le
cose che mi sento di dire: innanzitutto, è indubbio che per una
proposta di non facile ascolto, realizzare tre album che vanno tra i 74 e
gli 80 minuti non è proprio una scelta indovinata, visto che alla lunga
l’ascolto diventa troppo pesante; pur tuttavia, è altrettanto palese
che i musicisti suonano col cuore, con un grande amore verso la musica e
nel più puro spirito di ricerca, mostrandosi, pur con qualche
ingenuità, molto spontanei e meritando di essere seguiti in questo loro
approccio, magari ascoltando tale trilogia a piccole dosi. Da segnalare,
inoltre, che sui libretti allegati a questi cd Segal e Sosnow scrivono
le loro impressioni e descrizioni dei vari brani, specificandone anche
la genesi e le varie evoluzioni seguite per arrivare a certi risultati.
Dopo
questi lavori con i quali si sono fatti conoscere nell’ambiente
progressivo, gli Jugalbandi hanno prodotto più recentemente altri due cd
contenenti stavolta incisioni risalenti al 23 e al 25 maggio 1999. 1999 e 1999 – Deep cuts
sono due lavori che ricalcano in pieno le coordinate tracciate dai tre
cd precedentemente pubblicati, di conseguenza, non cambiano i contenuti
musicale, né varia il giudizio di valore che può essere dato ai nuovi
album. Tanta improvvisazione, quindi, con ampio utilizzo della
tecnologia per arricchire il suono dei due strumenti, ma anche una
piccola curiosità espressa dalla presenza del lungo brano Under the bridge
in una registrazione dal vivo presso la chiesa luterana di Good
Shepherd del 26 maggio 1999. Le jam-session nella musica rock hanno
un’origine ormai abbastanza antica e gli Jugalbandi hanno voluto
riprenderle, modernizzandole e configurandole a loro modo. Questa
proposta resta articolata e di difficile ascolto, ma non mancano gli
appassionati che amano ascoltare le forme musicali più libere. E’ a
costoro che possono essere indirizzate le idee di Greg Segal e Hyam
Sosnow, musicisti intraprendenti che non hanno paura di cimentarsi in
qualcosa di decisamente singolare e complesso.
http://www.jugalbandi-music.com/
Peppe
Settembre 2003
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