Il gruppo, in quintetto, è molto vicino alle produzioni canterburiane dei primi anni settanta, con aloni sinfonici e composizioni dilatate ed intricate. Il suono è ricco, pieno ed articolato, con le voci ad accompagnare le innumerevoli variazioni ora in cori ora in solitudini recitazioni di stampo quasi teatrale.
Poliritmi e divagazioni tra
armonia e dissonanza invadono con grazia l'ascoltatore.
Apre la lunga
suite omonima, di quasi 23 minuti, dove c'è tutto l'intrigante gioco di
mille suoni in odore canterburiano, anche se traspare una certa
personalità tale da non etichettarli come una copia carbone di qualche
gruppo in particolare. Seguono voluttuose miniature sonore, della durata
di pochi minuti ma perfettamente amalgamate e collegate tra loro.
Musica cerebrale, tecnica e dal grande cuore, che ti porta a mille e più
di mille ascolti senza mai stancarti; una musica che nasce spesso
dall'improvvisazione corale, come evidentemente riscontrabile in Peacocks, leopard, and glass.
Non c'è nulla che non funzioni in quest'album, altamente consigliato agli amanti del Canterbury Sound e non solo!

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