La prima metà degli anni Novanta ha rappresentato un periodo di forte rinascita del rock progressivo. Oltre alle reunions delle grandi band dei Seventies in quegli anni si è assistito anche alla nascita e alla proliferazione di un grande numero di gruppi estremamente validi e questi ultimi, sebbene non abbiano mai raggiunto il successo planetario di band come Genesis, Yes o King Crimson, hanno comunque saputo rinnovare il genere e, soprattutto, produrre dischi di valore assoluto elevatissimo. In questo contesto la scena italiana è risultata essere una delle più ricche in assoluto avendo proposto band quali (tanto per fare qualche esempio) Deus ex Machina, Moongarden, Quasar Lux Symphoniae, Asgard, Eris Pluvia, Germinale, H2O e altri.
Ma probabilmente sono stati i genovesi Finisterre la punta di diamante del movimento progressivo e coloro che hanno maggiormente saputo guadagnarsi un seguito di estimatori che, sebbene non particolarmente numeroso, è sempre risultato affezionato e competente. E, in questi anni, sia i dischi del gruppo principale che quelli dei progetti solistici (in particolare realizzati dal bassista Fabio Zuffanti) sono stati dei piccoli gioielli molti dei quali meritano di essere annoverati in un'ipotetica discografia ideale del progressive rock. L'avventura dei Finisterre inizia nel 1991 con l'incontro fra il bassista Fabio Zuffanti, il chitarrista Stefano Marelli e il batterista Marco Cavani. Questi tre, ancora oggi membri del gruppo, fondano i Calce & Compasso, assieme all'altro chitarrista Gianluca Faccio e al cantante/percussionista Davide Laricchia. Si tratta dei primi esperimenti musicali ancora a un livello piuttosto embrionale, sia come qualità compositiva che come abilità tecnico/strumentale. Un primo salto di qualità lo si registrerà l'anno successivo quando nel gruppo fa il suo ingresso il tastierista Boris Valle, fresco di diploma in pianoforte e, soprattutto, apportatore di idee compositive validissime.
A livello di incisioni discografiche ufficiali, per quel che riguarda questi primi anni, si possono trovare solo due brani, inseriti nella raccolta Harmony of the Spheres, che dimostrano come ancora il gruppo non fosse arrivato alla quadratura del cerchio. Il 1993 segna l'abbandono del chitarrista Gianluca Faccio e il cambiamento di nome in Finisterre. Il nome fu suggerito da Stefano Marelli che l'aveva letto su un atlante e che sembrava l'ideale per un gruppo che cercava ambiziosamente di superare i consueti confini musicali. Sempre nel 1993 si registra l'ingresso nel gruppo del flautista/chitarrista Sergio Grazia e l'abbandono di Laricchia. Quest'ultimo ha fatto in tempo a lasciare in eredità alla band lo splendido e surreale testo della canzone Macinaaqua macinaluna ancor oggi uno dei cavalli di battaglia dei Finisterre. Nel frattempo il gruppo viene messo sotto contratto dall'etichetta sanremese Mellow Records e si accinge a registrare il suo primo disco, intitolato semplicemente Finisterre.
FINISTERRE - FINISTERRE(1994)
Il
primo disco della band ligure esce alla fine del 1994 e rappresenta,
senza ombra di dubbio, una delle pietre miliari della rinascita del rock
progressivo dei primi anni Novanta. Un disco che ha pochissimi difetti
(uno di questi è forse una registrazione non proprio eccelsa) e che
stupisce per freschezza, qualità e originalità (una qualità quest'ultima
che non sempre contraddistingue i gruppi prog della nostra Penisola).
Il disco è prevalentemente strumentale e denota un gusto per la melodia
assolutamente delizioso. Fra le caratteristiche principali i frequenti
interventi del flauto di Sergio Grazia, le onnipresenti
ma mai invadenti tastiere di Valle e il meraviglioso "tocco"
chitarristico di Marelli, con la coppia Zuffanti-Cavani a cesellare il
tutto. Il compositore principale è Boris Valle ma anche
gli altri danno il loro contributo. Il tastierista, in particolare, ci
regala due gioielli di clamorosa bellezza: gli strumentali SYN e Phaedra.
Soprattutto la prima stupisce per la qualità che non viene mai meno
lungo tutti e quindici i minuti della sua durata. Ma anche i tre pezzi
cantati non sfigurano affatto. La già citata Macinaaqua macinaluna
si avvale di un testo originalissimo e allucinato e, musicalmente, è
nobilitata da alcune citazioni di musica classica da parte di Valle.
Molto belle anche Isis, composta da Marelli e Cantoantico
di Zuffanti. Quest'ultimo è il brano forse più "riconoscibile" (in un
contesto di rock progressivo sinfonico) dell'intero disco. Ciò che
sorprende maggiormente tuttavia, è che risulta assai arduo trovare
paternità e riferimenti ad ognuno dei pezzi dell'album il quale, oltre a
presentare anche diversi cambi di stile (l'elettronica Aqua oppure la convulsa ...Dal caos...) presenta, lungo tutta la sua durata, un marchio di fabbrica che può essere definito solo "Finisterre"
e niente altro. E questo, oltre alla bellezza intrinseca del disco, è
forse il merito maggiore dei ragazzi genovesi. Un disco, in definitiva,
che non può mancare ad ogni appassionato di rock progressivo, e non
solo. Il disco ricevette, per lo meno nel piccolissimo ambito del mondo
progressive, recensioni giustamente entusiastiche e i Finisterre
passarono tutto il 1995 a promuoverlo con una serie di concerti. Nel
frattempo il gruppo continuava a comporre nuovo materiale. Prima di
entrare in studio per il secondo disco (sempre per etichetta Mellow) la
band subiva ancora un paio di avvicendamenti. I fuoriusciti Grazia e
Cavani venivano sostituiti da Francesca Biagini al flauto e Marcello Mazzocchi alla batteria. Con questa rinnovata formazione i Finisterre registrano il loro secondo disco: In Limine.
FINISTERRE - IN LIMINE (1996)
Sarebbe
stato facile per i ragazzi genovesi replicare le sonorità del primo
disco, viste le entusiastiche recensioni ricevute. I Finisterre
scelgono invece la strada del cambiamento inserendo nuovi elementi
all'interno del loro sound. Una costante questa di quasi tutta la loro
produzione. Certo non mancano brani che si rifanno direttamente al prog
sinfonico del primo disco (la title track ad esempio, anche se presenta
un intermezzo vagamente jazzistico) oppure la conclusiva strepitosa
suite Orizzonte degli eventi (firmata da Fabio Zuffanti), vero manifesto sonoro del prog italiano degli anni Novanta. All'interno di In Limine si possono trovare inoltre brani che si rifanno alla tradizione musicale spagnolo/portoghese (Interludio e la meravigliosa Hispanica)
portati dal chitarrista Marelli, nonché (e questa sarà una costante di
grande importanza per il futuro) brani che si rifanno direttamente alla
sperimentazione e con ampio uso di elettronica. Emblematiche, in questo
senso Ideenkleid Leibnitz Frei e, soprattutto, la lunga Algos. Da segnalare infine XXV,
un bozzetto acustico il cui testo è un sonetto del poeta inglese Keats,
e la presenza, in alcuni brani, di un coro polifonico. L'unico difetto
di questo disco è rappresentato forse dalla frammentarietà dei vari
episodi (contrapposta alla perfetta unitarietà del precedente lavoro)
ma, a parere di chi scrive, il livello qualitativo non è certo inferiore
a Finisterre. Forse con una produzione più ispirata In Limine
avrebbe potuto essere un vero e proprio capolavoro. In ogni caso anche
questo disco non può mancare in nessuna collezione che si rispetti.
HOSTSONATEN - FINISTERRE PROJECT (1997)
Nonostante sia uscito a nome Finisterre Project questo
disco è, in tutto e per tutto, un progetto solista di Zuffanti. La
denominazione fu voluta dalla casa discografica per meglio connotare
l'appartenenza ai Finisterre di Zuffanti. Rispetto al
gruppo principale la componente sinfonica è qui molto più accentuata,
accompagnata da sonorità più folk e acustiche, riconducibili in parte ai
dischi solisti dell'ex Genesis Anthony Phillips
(non a caso uno degli artisti preferiti di Fabio). La pubblicazione di
un disco solista di uno dei componenti non è affatto sintomo di tensioni
interne alla band, tanto è vero che Marelli, Valle, Biagini (e anche
Cavani) figurano tra i musicisti di Hostsonaten. Il disco presenta, sempre per volere dell'etichetta, due cover di due importanti band giapponesi: un breve frammento di Sinfonia della luna, capolavoro dei Mugen di Katsuhito Hayashy e Remember You dei Cinderella Search.
Tutto questo probabilmente per lanciare il disco sul mercato nipponico,
da sempre più ricettivo per il prog italiano rispetto al resto del
mondo (Italia compresa!). Il pezzo principale del disco è, però, proprio
la suite Hostsonaten (il cui titolo ricorda l'omonimo film di Ingmar Bergman,
uno dei registi preferiti di Zuffanti). Si tratta di un brano di oltre
40 minuti (suddivisi in 8 movimenti) che, oltre a presentare tutte le
caratteristiche sinfoniche, folk e acustiche di cui si diceva,
rappresenta una vera delizia per le orecchie. Un capolavoro assoluto il
cui unico neo è rappresentato forse dalla voce di Zuffanti, non certo
perfetta, che però non inficia, se non in misura trascurabile, il valore
della suite. L'altro pezzo forte dell'album è rappresentato da The Rime of the Ancient Mariner part I che altro non è se non la celebre composizione di Coleridge
musicata da Zuffanti. Questi non è stato certo il primo a fare
un'operazione del genere ma va detto che la sua versione rende davvero
l'atmosfera del poema e le sonorità utilizzate risultano assai
appropriate. Anche questo disco, quindi, è un acquisto obbligato per
ogni prog-fan che si rispetti.
FINISTERRE - AI MARGINI DELLA TERRA FERTILE (1997)
Dopo
l'uscita di questo disco la band interromperà temporaneamente i propri
rapporti con l'etichetta sanremese Mellow. Il disco è registrato nei
concerti italiani e francesi tenuti nel 1997 e fa registrare ulteriori
avvicendamenti. Anzitutto l'abbandono della flautista Francesca Biagini che viene rimpiazzata da Marco Moro per i brani registrati in Francia e dal rientrante Sergio Grazia per quelli su suolo italiano. Un altro importante ingresso nella band è quello del bravissimo batterista Andrea Orlando.
Il disco, come detto, cattura il gruppo dal vivo nell'esecuzione di
alcuni fra i migliori brani del repertorio. In particolare l'iniziale In Limine
varrebbe già da sola il prezzo del CD. A parere di chi scrive, infatti,
si tratta della migliore versione di sempre della title track del
precedente album. Ottime anche le versioni di Hispanica, Orizzonte degli eventi e Macinaaqua, macinaluna con una grande prestazione di Orlando. Interessante anche una versione ridotta della sperimentale Algos.
Il maggiore motivo di interesse è però forse nel brano inedito (che poi
comparirà sul disco successivo) CLT. Un ottimo brano che è però
rovinato da un'interpretazione vocale non all'altezza. La conclusione è
poi affidata all'immancabile Phaedra corredata da una simpatica presentazione uno per uno dei musicisti. In questo frangente Stefano Marelli si lancia nella riproposizione del mitico assolo della genesisiana Firth of Fifth.
Un'interpretazione molto fedele ed emozionante di uno dei frammenti
strumentali probabilmente più belli della storia del rock.
MIRRORGAMES - HOSTSONATEN (1998)
Il disco esce all'inizio del 1998 ed è probabilmente uno dei prodotti meno riusciti dell'intera discografia della famiglia Finisterre.
Le coordinate sono più o meno quelle del precedente lavoro, ma con
minore ispirazione e qualche pericolosa virata in ambito new-prog. Ciò
che più disturba però (e lo stesso autore lo ammette molto onestamente) è
proprio la voce di Zuffanti che, assieme a una qualità di registrazione
davvero insufficiente, rovinano in gran parte il disco. Per la verità
un gioiello ci sarebbe. Si tratta di Season of Eve, una splendida canzone con una grande prestazione del fiatista Edmondo Romano (Eris Pluvia, Ancient Veil) e la voce di Fabio che, in questo caso, risulta piuttosto gradevole. Molto buona anche la lunga conclusiva Ellipsis
se si esclude, naturalmente, il problema delle parti cantate. Ancora
una volta Fabio musica i versi di alcuni grandi poeti britannici. Ma sia
la seconda parte di The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge che There's a Certain Slant of Light di Emily Dickinson
questa volta non convincono affatto. L'ultima annotazione per un disco
tutto sommato deludente riguarda l'inizio della collaborazione fra Fabio
e Victoria Heward (qui autrice delle liriche di The Dream) che in seguito porterà interessanti sviluppi.
IN OGNI LUOGO - FINISTERRE (1999)
I Finisterre ormai sono un quartetto (Valle, Zuffanti, Marelli e Orlando) ma arruolano, come ospiti in questo disco, la cantante Francesca Lago, il violinista Sergio Caputo e il fiatista Edmondo Romano.
Il disco viene bollato, dalla gran parte dei fans più oltranzisti e
progressivi, come "commerciale". In realtà se è vero che le sonorità
sono molto più moderne, e che i sinfonismi si sono ridotti (così come i
minutaggi delle canzoni) è anche vero che ci troviamo di fronte a un
disco assolutamente strepitoso. Se un prodotto del genere fosse venuto
dall'estero (mi viene in mente una band come i Porcupine Tree
ad esempio) forse sarebbe stato accolto in termini assai più
entusiastici. In ogni luogo contiene dieci canzoni (di cui solo due
cantate) una più bella dell'altra. Si apre con Tempi moderni con Stefano Marelli sugli scudi per passare al capolavoro del gruppo: Snàporaz.
Difficile descrivere un brano del genere, tanto è originale: si passa
da un inizio con una chitarra quasi hard-rock, subito soppiantato dal
tema principale della canzone, con il violino in evidenza. Su questo
canovaccio si inseriscono alcuni campionamenti di film di Federico Fellini, accompagnati dalle originalissime tastiere di Boris Valle.
Bellissimo anche il finale, ancora una volta con Valle protagonista,
questa volta al pianoforte. In sostanza uno dei migliori brani di sempre
dei Finisterre. Il lato più sperimentale della band si concretizza in altri splendidi brani come Coro elettrico o Wittgenstein mon amour. Più vicine alla produzione passata sono Agli amici sinestetici con un ottimo assolo di chitarra di Marelli e la già conosciuta (come CLT) Continuitàdilaraneltempo che si avvale dell'ottima prestazione vocale di Francesca Lago
che contribuisce a migliorare, e di molto, il brano. In sostanza un
piccolo capolavoro anche questo disco, seppure in maniera diversa
rispetto ai precedenti lavori di studio della band genovese.
TECNICOLOR 2100 - QUADRAPHONIC (1999)
Il disco esce alla fine del 1999 e rappresenta il lato più sperimentale ed elettronico della musica di Fabio Zuffanti.
Il CD si compone di un'unica suite di oltre venti minuti in cui la
fanno da padrone proprio le sonorità elettroniche, per un risultato che
può ricordare vagamente Voyage 34 dei Porcupine Tree.
La suite è di buon livello musicale ma è consigliabile solamente agli
amanti di questo tipo di sonorità che, comunque, troveranno, in Tecnicolor 2100, del gustoso pane per i loro denti.
MERLIN - FABIO ZUFFANTI & VICTORIA HEWARD (2000)
Un'opera
ambiziosa che presenta tutte le caratteristiche che contraddistinguono
questo tipo di lavori tanto che, se si deve trovare qualcosa che le
assomigli, non si può non pensare a Jesus Christ Superstar. Gli amanti delle opere rock, nonché coloro che apprezzano il lato più sinfonico e immaginifico della musica dei Finisterre,
non potranno che apprezzare anche questo lavoro. Una nota di merito a
Fabio (autore delle musiche) e Victoria (autrice dei testi e
dell'allestimento teatrale) è quello di aver narrato la storia del Mago
Merlino in una chiave slegata dalla ormai trita e ritrita iconografia
fantasy in cui viene sempre inserita la vicenda, ma di avere spostato il
tutto su un piano più psicologico e psicanalitico, proponendo un
Merlino assai più uomo che personaggio. Merlin, che fu rappresentato una
decina di volte nel corso di un anno, ottenne il premio come migliore
opera prima di ambientazione storica, nell'ambito di una rassegna
culturale dedicata alla storia antica e svoltasi a Finale Ligure. Fra i
musicisti e i cantanti impegnati nell'opera anche la gran parte dei Finisterre presenti e passati.
LIVE AT PROGDAY 1997 - FINISTERRE (2000) - STORYBOOK - FINISTERRE (2001)
Di
questi due dischi si può tranquillamente parlare assieme, anche perché
si tratta della registrazione del medesimo concerto. Le differenze
consistono nel fatto che, il primo dei due è uscito in edizione
limitata, mentre Storybook presenta un pezzo in più (che poi altro non è se non la cover di Alta Loma della PFM). Questo live è un acquisto obbligato per tutti coloro che amano la prima incarnazione dei Finisterre.
La scaletta prevede tutti i grandi classici della band, eseguiti in
maniera perfetta e con dei meravigliosi suoni delle tastiere di Boris Valle. La scaletta parla da sola anche se personalmente mi piace segnalare una grande versione della suite Orizzonte degli eventi.
Subito dopo Zuffanti è pronto per far uscire il secondo mini-CD del suo progetto Quadraphonic.
6 PAESAGGI NELLA PIOGGIA - QUADRAPHONIC (2001)
Anche
questo CD si contraddistingue per una massiccia presenza di
sperimentazione. Il campo di azione di Fabio si è però leggermente
spostato. La sperimentazione stavolta è a base di rifrazioni sonore in
cui l'autore chiede all'ascoltatore di concentrarsi e cogliere i piccoli
suoni nascosti nella composizione, preferibilmente attraverso l'ascolto
in cuffia (magari di notte). Viste le premesse anche questo è un disco
consigliato solo agli amanti di questo genere di sperimentazioni.
SPRINGSONG - HOSTSONATEN (2001)
Dopo la delusione del precedente Mirrorgames
questa volta Zuffanti colpisce il bersaglio. Abbandona definitivamente
(e fortunatamente) le parti cantate e propone una sorta di lunga suite
di oltre 45 minuti, densa di piacevolezze musicali. Il tiro si sposta
decisamente verso sonorità che richiamano il folk celtico (seppur sempre
all'interno di un quadro che fa riferimento al rock progressivo). Tanto
per dare un riferimento si può dire che questo disco si richiami
vagamente ad alcuni lavori realizzati dal chitarrista francese Dan Ar Braz assieme a l'Heritage des Celts. Springsong è comunque un piccolo gioiello che non può e non deve mancare nelle discografie degli amanti della musica di Finisterre & C.
HARMONY OF THE SPHERES - FINISTERRE (2002)
Questa raccolta di outtakes e rarità è, ad oggi, l'ultimo disco uscito a nome Finisterre.
Generalmente questo tipo di operazioni sono dedicate ai fans più
sfegatati e raramente presentano notevoli motivi di interesse. Non è
questo però il caso di Harmony of the Spheres. La raccolta inizia già con due brani interessantissimi (dal punto di vista storico) e risalenti ancora al periodo Calce & Compasso. Subito dopo sono inserite tutte quelle canzoni interpretate da Finisterre e Hostsonaten e relative ai dischi tributo dei grandi nomi del progressive degli Anni Settanta, pubblicate dalla Mellow Records. Fra queste si segnalano le cover di Vorrei incontrarti di Alan Sorrenti e di Sea Song di Robert Wyatt in cui Fabio Zuffanti
rivela sorprendenti e inaspettate capacità di interpretazione vocale.
Il primo CD si conclude poi con due trascurabili versioni demo di Asia e Cantoantico e con un interessante brano solista di Boris Valle.
Il secondo CD invece si segnala per le imperdibili versioni live di
brani che non avevano finora trovato posto nella discografia dal vivo
ufficiale. Si tratta della meravigliosa e imprescindibile SYN (solo per questa varrebbe la pena di acquistare il doppio CD) di Dal caos e di Isis. Seguono poi alcuni brani (non troppo interessanti a dir la verità) del progetto Hostsonaten. Infine il tutto si chiude con Tecnicolor 2100 dei Quadraphonic, di cui si è già parlato. Insomma un disco che vale il prezzo dell'acquisto.
MASCHERA DI CERA - MASCHERA DI CERA (2002)
Il brano che dà il titolo all'album e il nome al gruppo è stato uno dei primi mai composti da Fabio Zuffanti che,
in questa occasione, l'ha ripreso e rimaneggiato. In ogni caso questo
progetto e questo disco rappresentano un dichiarato omaggio alle
sonorità del progressive italiano degli Anni Settanta e a gruppi come Museo Rosenbach, Balletto di Bronzo, Banco del Mutuo Soccorso. Il fulcro del sound sono le tastiere analogiche di Agostino Macor (anche se non manca qua e là qualche suono più sperimentale) e la evocativa voce di Alessandro Corvaglia. Anche la struttura del disco pare rimandare a un'opera come Zarathustra del Museo Rosenbach.
Contrariamente al passato di Zuffanti, qui l'originalità non è il punto
cardine della musica. Si tratta, come detto, di un atto d'amore che
però riesce a non sconfinare mai nel plagio né a provocare noia, grazie
al buon gusto e alla classe con cui è confezionato.
LE NOTTI DIFFICILI - LAZONA (2002)
Sgombriamo
immediatamente il campo dai dubbi e chiamiamo le cose con il loro nome:
questo disco è un autentico gioiello. I quattro ex-Finisterre, assieme
al bravissimo trombettista Michele Nastasi (del gruppo milanese degli Psychonoesis)
esplorano sonorità che rimandano direttamente alla scena post-rock,
che, da qualche anno a questa parte va per la maggiore (basti pensare a Tortoise, Godspeed You Black Emperor oppure, anche se più impropriamente, Sigur Ros)
e lo fanno con una classe e una qualità musicale assolutamente
strepitose. Anche in questo caso, se il disco fosse stato pubblicato da
una qualsiasi band americana ed europea sarebbe stato ben diversamente
osannato e considerato dalla cieca critica musicale italiana. Il
riferimento principale è proprio ai canadesi Godspeed You Black Emperor, maestri nelle atmosfere dilatate e tranquille che sfociano poi in crescendo mozzafiato. Non credo di sbagliare dicendo che Le notti difficili
è uno dei migliori dischi di sempre della scena post-rock, ben
superiore, ad esempio, a gruppi molto più osannati dalla critica come
gli italici Giardini di Mirò. Un disco talmente bello da essere consigliabile non solo agli amanti della scena post-rock.
IL GIORNO SOTTILE - QUADRAPHONIC (2002)
La
maggiore durata rispetto ai due precedenti mini-CD penalizza forse un
po' l'ottimo lavoro di Fabio, rendendo eccessivamente pesante il disco.
La cifra stilistica è una via di mezzo fra le due precedenti
pubblicazioni a nome Quadraphonic e, come in quei casi, il disco è consigliato solo agli amanti di quel tipo di sonorità che si rifanno a certi Tangerine Dream, al primo Battiato e, in qualche caso, ai Popol Vuh più elettronici. In questo senso va segnalata la lunghissima (34 minuti) Bianco, bianco giorno... dedicata da Fabio al grandissimo regista Andreij Tarkowskij e che ricorda le atmosfere di un capolavoro come Aguirre dei Popol Vuh (guarda caso quest'ultima è la colonna sonora di un film di un altro grande regista, Werner Herzog).
IL GRANDE LABIRINTO - MASCHERA DI CERA (2003)
Il secondo disco della Maschera di Cera
presenta, più o meno, le medesime coordinate del precedente, anche se
la componente di originalità e sperimentazione è qui presente in misura
molto più massiccia. Difatti il disco è probabilmente migliore del
precedente ed è consigliato a tutti coloro che vogliono semplicemente
ascoltarsi un bel disco di rock progressivo. Difficile operare una
gerarchia fra i pezzi, anche se, forse, la title track si eleva
leggermente al di sopra delle altre.
LE FABBRICHE FELICI - QUADRAPHONIC (2003)
Il
nuovo lavoro del progetto sperimentale di Zuffanti torna alla più
congeniale formula del mini-CD. Anche qui, pur rimanendo la generale
coordinata della sperimentazione, Fabio sposta ancora il tiro, regalando
qualche apertura melodica in più e anche delle parti cantate che
possono ricordare vagamente qualcosa di un certo Robert Wyatt.
Probabilmente questo è il migliore fra tutti i dischi a firma Quadraphonic
(superiore anche al CD ufficiale) ma certo rimane un'opera non adatta a
tutti i palati. Da segnalare, sull'ultimo brano intitolato En, la partecipazione di Boris Valle e Marco Cavani.
SPRINGTIDES - HOSTSONATEN (2004)
Questo disco rappresenta maggiormente (rispetto ad Harmony of the Spheres)
la categoria dei dischi di rarità e inediti per fans sfegatati.
Intendiamoci: non è che non vi siano cose interessanti, anzi, ma il
possedere questo disco non è certo obbligatorio per comprendere al
meglio la musica di Fabio Zuffanti. Fra le tracce più interessanti senz'altro Aries, proveniente dalle sessions di Mirrorgames, di cui alcune parti sono state poi utilizzate per il primo album della Maschera di Cera, oppure l'ottima (se si esclude la prestazione vocale di Fabio) iniziale Ace of Sunlight
che è sostanzialmente la prima canzone mai composta da Zuffanti per
questo progetto. Infine molto interessante anche la versione alternativa
di The Rime of the Ancient Mariner part I con una lunga
introduzione tastieristica, anche se la qualità audio non è delle
migliori. In sostanza un disco piacevole da ascoltare, ma non
fondamentale.
LA LAMA SOTTILE - ZAAL (2004)
Fra
i tanti generi esplorati dalla famiglia Finisterre in questi anni
mancava senz'altro quello del jazz/rock e della fusion, che sono proprio
gli elementi che caratterizzano il disco di Agostino Macor, pubblicato
per la Mellow Records. Ad accompagnare Agostino sono, in quasi tutti i
brani, il batterista-percussionista Federico Foglia, il
bassista-violoncellista Maurizio Bavastro e il violinista Sergio Caputo
(che per un certo periodo è stato anche membro effettivo dei
Finisterre). In diversi brani, però, compaiono anche Fabio Zuffanti e
Stefano Marelli. Come detto la proposta di Macor è una fusion piuttosto
gioiosa in cui raramente la qualità delle composizioni scende di
livello. Tra i brani migliori si possono senz'altro segnalare l'iniziale
Zelig e Il destino di Haghia Sophia. Uno dei pochi brani a uscire dal
seminato è, forse, Il cannocchiale, con Macor impegnato al piano rhodes e
Stefano Marelli a giocare con effetti frippiani. In definitiva un buon
disco, con alcuni passi davvero eccellenti, altamente consigliato a chi
apprezza il jazz-rock melodico.
LA MECCANICA NATURALE - FINISTERRE (2004)
A
distanza di 10 anni dal loro primo lavoro i Finisterre non smettono
ancora di stupire e pubblicano un disco in cui, ancora una volta,
ribaltano "i pronostici" e sorprendono con una proposta ancora
innovativa. La meccanica naturale è davvero un gran disco anche se,
purtroppo, gli manca quel poco per assurgere a capolavoro. Nonostante la
bontà delle canzoni il disco ha, a parere di chi scrive, un grosso
difetto che risiede nella produzione. Nonostante quest'ultima sia stata
affidata in parte al grande Franz Di Cioccio (in coabitazione coi
Finisterre stessi), in essa non è stato fatto un grande lavoro. Il fatto
di aver notevolmente ridotto i minutaggi di alcuni brani (che per
ammissione stessa dei Finisterre erano originariamente concepiti con
respiri più ampi) non è necessariamente un male. Molto spesso una simile
pratica giova notevolmente ai brani prog, impedendo loro di diventare
eccessivamente pesanti. Di questo si è giovato soprattutto un brano come
l'iniziale La perfezione (probabilmente il migliore dell'intero
lavoro). Non così è successo invece, per esempio, a Ode al mare (a cui
partecipa anche lo stesso Di Cioccio alla batteria) che avrebbe meritato
senz'altro qualche minuto in più, soprattutto per meglio sviluppare la
meravigliosa coda strumentale, troppo presto portata a conclusione. Il
difetto principale della produzione è però, a mio avviso, quello di aver
tolto un po' di "tiro" ai pezzi che risultano dunque più mosci di ciò
che dovrebbero. Una prova di tutto ciò sta nelle esecuzioni live nei
(pochi) concerti tenuti all'indomani della pubblicazione del disco.
Sebbene la gran parte dei concerti sia stata proposta in versione
unplugged (e quindi senza i devastanti assoli di Marelli alla chitarra
elettrica) i brani hanno fatto un salto enorme dal punto di vista del
pathos. Detto tutto questo il disco dà dei punti al 90% della produzione
discografica italiana, non solo progressive. L'unico brano che desta
qualche perplessità è La maleducazione (composto da Stefano Marelli) in
cui la band imita in maniera quasi pedissequa lo stile dei CSI, ma senza
essere la band di Giovanni Lindo Ferretti, il che disturba un poco
l'ascoltatore. Per il resto vanno segnalati brani davvero splendidi (che
con un diverso approccio alla produzione sarebbero stati
indimenticabili) come Il volo, Lo specchio e La fine (oltre ai due
citati capolavori La perfezione e Ode al mare). Un discorso a parte
meritano i due strumentali, composti da Boris Valle, Rifrazioni e
Incipit. Il primo dei due sembra direttamente venire fuori da il
progetto laZona (forse anche per la presenza del flicorno suonato da
Luca Guercio), il che è davvero curioso visto che Valle è l'unico degli
attuali membri del gruppo a non essere stato coinvolto in quel progetto.
Il secondo, invece, conclude degnamente un album splendido con un
crescendo mozzafiato guidato dal pianoforte. In sostanza un grande
disco, con qualche difetto, ed un'impostazione molto più pop che in
passato che forse non piacerà ai fans prog più oltranzisti e
conservatori. Da parte mia mi sento di consigliarlo ad occhi chiusi
anche, per quello che si diceva prima, ai non appassionati di rock
progressivo.
IN CONCERTO - MASCHERA DI CERA (2004)
Chi
ha apprezzato i due lavori in studio del gruppo di Fabio Zuffanti e
Agostino Macor non potrà fare a meno di questo live registrato in Belgio
nel settembre 2003. La scaletta è equamente suddivisa fra i brani dei
loro due dischi e le versioni mantengono, anche nella dimensione live,
il medesimo pathos che avevano in studio. Fra le curiosità va segnalata
la presenza di Maurizio Di Tollo alla batteria, che ha preso il posto di
Marco Cavani. L'unico difetto di questo disco sta forse nella qualità
della registrazione non eccelsa.
ARIES (2005)
Renaissance,
White Willow, Mostly Autumn: sono queste alcune delle band che bisogna
conoscere per avere un'idea della proposta di questo nuovo lavoro
composto da Fabio Zuffanti e molto prog-oriented, anche se con atmosfere
piuttosto rarefatte. Il disco è segnato, in tutto il suo svolgimento,
dalla splendida voce di Simona Angioloni, novella Annie Haslam che dà
un'impronta precisa a tutto il lavoro. Zuffanti, oltre a suonare il
basso, suona la maggioranza delle parti di chitarra e il dulcimer e si
avvale del lavoro di musicisti ben conosciuti nel giro progressive
ligure: Fabio Venturini (chitarra solista), Carlo Barreca (flauto) e
Pierpaolo Tondo (batteria) oltre al produttore Roberto Vigo che suona
anche le tastiere. Da segnalare inoltre che la seconda parte del disco è
rappresentata da poesie musicate, una pratica che Zuffanti ha sempre
prediletto. Dunque It Struck Me Every Day e When Night Is Almost Done
sono musicate su liriche di Emily Dickinson, mentre Crossing The Bar è
una poesia di Alfred Tennyson (quest'ultima era già apparsa in forma
differente nel disco di outtakes di Hostsonaten). Un lavoro imperdibile,
dunque, per chi ama le sonorità dei suddetti gruppi.
Anche
il 2005 si annuncia ricco di sorprese e novità. La più imminente
dovrebbe essere il nuovo lavoro della Maschera di Cera, di cui sono in
corso le registrazioni e che verrà pubblicato dall'etichetta
Immaginifica. Le sonorità dovrebbero essere un po' più hard rispetto al
passato. In un recente incontro avuto con i Finisterre, Zuffanti e Macor
hanno avuto modo di dire, tra il serio e il faceto, che alcuni brani
potrebbero ricordare qualcosa degli Uriah Heep! Staremo a vedere... A
breve dovrebbero iniziare le registrazioni anche del nuovo disco dei
Finisterre le cui sonorità potrebbero essere addirittura più
pop-oriented rispetto a quelle di La meccanica naturale. Fra le cose in
cantiere vi sono anche un possibile disco del progetto Aetheria (Fabio
Zuffanti e Simona Angioloni) che ha in corso un contratto con la casa
discografica Decadance Records e le registrazioni del primo vero e
proprio disco a nome Fabio Zuffanti che il bassista stesso definisce:
"il mio Rock Bottom"! Al di là di tutto l'importante è che la macchina
creativa della famiglia Finisterre abbia ripreso il suo viaggio. Da
parte mia non posso che aspettare le prossime uscite discografiche nella
fondatissima speranza che la magia regalata in questo ultimo decennio
dalle note dei Finisterre continui a vivere ancora per molti
anni........
Marco Zanghieri
Agosto 2004 (update Maggio 2005)
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