Panzerpappa - Landsbysladder - (2025)
Geppo (voto 7): Seguo Panzerpappa dagli esordi e riconosco il loro sound ad occhi chiusi. Hanno personalità, ho apprezzato questo ascolto anche se la naturalezza delle composizioni non è più quella di una volta.
Montag (voto 8): ma che bella sorpresa! Conoscevo di nome il gruppo e solo per qualche ascolto distratto mentre si chiacchierava a casa di Geppo.
Il disco mi ha spinto ad approfondire la mia conoscenza del gruppo e questo giustifica ampiamente il voto che ho assegnato.
Peppe (voto 7,5): chi segue i Panzerpappa già da tempo non può certo rimanere sorpreso dall’ennesimo disco di ottima qualità. Con la consueta perizia strumentale si lanciano in un altro lavoro brillante tra avanguardia e jazz-rock che non lascia la minima delusione.
Spirale - Spirale 50th - (2025)
Geppo (voto 6): Forse qualche aspettativa di troppo, grandi musicisti e del buon jazz scorre piacevolmente ma preferisco la loro performance in “Spirale plays Zappa” o nell’esordio del 1974.
Montag (voto 6): un disco che mi fa venire quasi spontaneamente il termine elegante.
Un jazz così raffinato e curato da diventare purtroppo scontato. Non mi ha fatto saltare dalla sedia, ma lo rimetterò volentieri come sottofondo delle mie letture.
Peppe (voto 6,5): ritorno a sorpresa per questo gruppo che negli anni ‘70 realizzò un interessante disco di jazz-rock. La classe è rimasta, l’ascolto resta piacevole, ma l’impressione è che si sia puntato sul sicuro con un po’ di manierismo.
Steven Wilson - The overview - (2025)
Geppo (voto 6): A parte qualche guizzo melodico che non può non catturare, di questo ascolto mi rimane poco ma credo di offrire altre chance. Senza però sentire alcuna urgenza. Ovviamente molto patinato nella realizzazione/produzione.
Montag (voto 6): E’ da qualche anno che non capisco molto quanto viene prodotto dal cosiddetto “genio”. Qui ci ho trovato la solita buona produzione ma poche idee e anche ripetitive. Piacevole come sottofondo ma non è più la mia cup of tea.
Peppe (voto 7,5): il ritorno a “forme” prog con due lunghe suite giova a Wilson in questo suo nuovo disco. Poco spazio alla nostalgia stavolta, suoni moderni, strutture ben congeniate, ottime dinamiche e la consueta produzione perfetta.
Genesis - Duke (1980)
Geppo (voto 5): il gruppo è ormai nella sua piena trasformazione e la vena pop prevale, soprattutto nel cantato ma più in generale sono le timbriche ad infastidire, in particolar modo delle tastiere. Decidere poi di spezzare, in due parti ben distanziate, la Duke suite si mostra gesto emblematico di rottura per aprire il marchio Genesis ad un pubblico più vasto.
Montag (voto 9): A differenza dell’album precedente, i Genesis riescono finalmente a togliere quelle sovrastrutture musicali che erano diventate ormai vuote, per dar forma ad un album sentito, nei testi e nella musica, aprendosi a quella melodicità e semplicità di fruizione che sarà marchio di fabbrica degli anni a venire, senza ancora dimenticarsi del passato. Un gioco di equilibri per me perfettamente riuscito e per questo la ragione del mio voto.
Peppe (voto 7,5): L’ultimo grande disco dei Genesis. Non a livello degli storici, ma dopo essere rimasti in tre e con “And then there were three” che li ha fatti carburare in questa nuova forma, Duke è un gioiellino in cui le brillanti architetture prog con cui si erano fatti amare negli anni precedenti incontrano melodie raffinate, qualche soluzione più diretta e timbri che, di fatto, anticipano gli eighties.





Molti considerano Duke l’album della svolta pop dei Genesis, il punto in cui il progressive si dissolve. Io, invece, lo sento come un’opera di confine, dove la profondità del passato si intreccia con una nuova immediatezza espressiva.
RispondiEliminaBrani come Behind the Lines, Duchess o Duke’s Travels conservano la tensione epica e la complessità armonica dei Genesis più visionari, mentre Heathaze e Please Don’t Ask mostrano il lato più intimo e vulnerabile di questa trasformazione.
Duke non è una resa, ma una metamorfosi: il suono di un gruppo che cambia pelle, restando fedele alla propria anima. Forse per questo, tra tutti, è uno degli album che più continuo ad amare.
Ricordo che inizialmente mi tenni a distanza da questo disco, perchè una volta, negli anni '90, sentii per radio un commento in cui dicevano che era il peggior disco dei Genesis ed era molto brutto. Poi me ne parlasti meglio tu, rimediai e grosso modo mi trovo con il tuo giudizio :-)
EliminaCome sai, sono d'accordo con te, sulla valutazione entra molto il gusto personale, a me anche gli elementi più deboli (a detta di molti) piacciono e per questo il mio voto. E' veramente l'ultimo album dei Genesis che mi piace molto, i successivi hanno solo brani che mi piacciono in mezzo a canzoni che mi lasciano indifferente/perplesso.
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