After Crying - Overground music

 
Nello stesso periodo in cui si iniziava a consumare la rottura tra Fish e i Marillion e con l’eco dell’ondata del new-prog ormai pronto ad affievolirsi fortemente, in Ungheria nasce quella che è destinata a diventare una delle più interessanti (o forse proprio la più interessante) realtà del progressive rock del futuro. E’ il 1986, infatti, quando Csaba Vedres, Peter Pejtsik e Gabor Egerwari, impegnati rispettivamente al pianoforte, violoncello e flauto, formano gli After Crying. E’ facile intuire come con questo tipo di strumentazione questo trio si diriga verso una proposta molto particolare e gli anni a seguire dimostreranno ampiamente l’impossibilità di inglobare la musica del gruppo, nonostante le numerose mutazioni che subirà, in una qualsiasi specifica “etichetta”.

Bastano due demo a far capire l’unicità degli After Crying, Opus 1 e 1989 (ristampate poi in cd solo in anni recenti), contenenti delle composizioni che già emanano magia, mostrando un gusto e delle capacità compositive fuori dal comune. Con simili premesse, non sorprende che il debutto vero e proprio, intitolato Overground music e pubblicato nel 1990 dalla Periferic Records, sia una vera bomba!

In quest’album, il nucleo iniziale è ridotto al duo formato da Csaba Vedres (accreditato al piano e ai sintetizzatori) e da Peter Pejtsik (violoncello), che sono comunque accompagnati da una serie di musicisti di evidente retaggio classico. Ci sono infatti Kristof Fogolyan al flauto, Zsolt Maroevich alla viola, Pal Makovecz al trombone, Otto Racz all’oboe, Aladar Tuske al fagotto e soprattutto Balazs Winkler alla tromba, che in futuro diventerà punto di riferimento importantissimo della band. Tra i credits, inoltre, troviamo anche Judit Andrejszki alla voce. Diventa chiaro, visto l’elenco degli strumenti utilizzati, che la proposta degli After Crying ha ben poco a che vedere con il rock classico. Niente spazio all’elettrificazione se non per qualche fugace invenzione al sintetizzatore, eppure negli otto brani presenti nell’album si avverte un fascino unico, che fa viaggiare questa nuova entità verso un qualcosa di indefinibile, mantenendo chiare distanze da qualsiasi indirizzo stilistico. Qua e là si potrebbe pensare a certe cose più particolari dei King Crimson di Lizard e Islands; il brano di apertura indica nel titolo un’influenza da parte del Maestro Frank Zappa; ma quello che colpisce è la ricchezza delle composizioni, che presentano arrangiamenti sopraffini e viaggiano verso un indirizzo stilistico davvero personale, che dimostra assolutamente come gli After Crying siano un gruppo che vive davvero di vita propria. I testi sono in inglese e si segnala anche che, in quell’alone di magia che avvolge la musica, come accadrà spesso anche in futuro, si avverte anche una componente un po’ ombrosa capace di donare ulteriore feeling.

La partenza è affidata a European things (Hommage à Frank Zappa). Effetto vento, brevissimo intervento di voce femminile, tromba e dopo trenta secondi si entra nel vivo del brano, con fiati e archi che cominciano i loro duetti, una grande vivacità di base e con Csaba Vedres a guidare le parti vocali (nel corso dell’album si alterna con Peter Pejtsik al canto). E’ un chamber rock unico: il pianoforte e il violoncello si incrociano e si lanciano in assoli di fuoco, ma cedono spazio anche a flauto, oboe, fagotto, tromba, in un turbinio di suoni e colori assolutamente brillante e torna anche il cantato femminile che affascina in vocalese. I tasti d’avorio fungono spesso anche da guida ritmica, regalando energia e dinamismo. Come nel prog più classico, ma in maniera assolutamente personale, si alternano cambi di umore quando la grinta di fondo del brano lascia spazio a brevi passaggi più pacati. Si tratta di otto minuti e mezzo incredibili, che ci fanno immediatamente conoscere le capacità della coppia Vedres-Pejtsik.

A seguire, troviamo Don’t betray me, caratterizzato da un tema di piano ben definito e da indovinate melodie vocali alla base, con interventi di tromba in lontananza e malinconici spunti di violoncello nel prosieguo. Ci troviamo di fronte ad un pezzo molto più riflessivo rispetto al precedente, ma davvero suggestivo nei suoi tre minuti.

La terza traccia del cd è Confess your beauty, che recupera un po’ le peculiarità della prima. Qui forse si accentuano i legami con la musica classica, per merito di alcuni spunti con piano, violoncello e flauto che di volta in volta fanno pensare a qualcosa di contemporaneo, tipo Bartok, o anche a salti indietro nel tempo verso sonorità più barocche.

Seguono una serie di brani legati l’un l’altro, praticamente senza soluzione di continuità, quasi a formare una sorta di mini suite. Madrigal love part one, … to black…, Madrigal love part two (Over every sea) e Madrigal love part free mostrano ancora questa ispirazione incredibile, tra forti melodie, i rimandi classici a tratti anche un po’ epici, alcuni leitmotiv ripetuti ed una lieve ombreggiatura Cremisi, con vaghi rimandi al Bolero, a Song for the gulls e a Islands.

In chiusura un capolavoro nel capolavoro, con gli undici minuti di Shining (… to the powers of Fairyland). Da un tema iniziale drammatico il brano si sviluppa poi attraverso un crescendo magistrale, con la soave voce femminile della Andrejszki a toccare picchi di grandissima intensità. Pianoforte e violoncello sono sempre lì a guidare, a tratti malinconici, a tratti più orientati verso slanci trionfali. Si inserisce il flauto verso i quattro minuti, poi sono gli ottoni a spingere sull’acceleratore e dopo il ritorno brillante del cantato femminile c’è un passaggio più sperimentale, tra note nervose di flauto, pianoforte e sospiri. Nuovamente i temi base della composizione vengono riproposti, con una tensione crescente che porta al meraviglioso finale caratterizzato da un assolo di Winkler alla tromba che fa sobbalzare dalla sedia. Si finisce quasi senza fiato, ma con i brividi che invadono il corpo ed il benessere derivante da un ascolto di circa quaranta minuti di grandissima musica.

Vogliamo esagerare? Con Overground music le parole “classica”, “rock” e “prog”, che pure abbiamo utilizzato spesso e continueremo a utilizzare in questo articolo, perdono completamente senso, perché la realtà dei fatti è che gli After Crying sono riusciti a creare qualcosa di realmente nuovo. Visto il tipo di proposta ed il periodo ancora abbastanza lontano dall’epoca di internet, in cui reperire notizie di band di questo tipo nel mondo prog è tutt’altro che agevole, non sorprende che ci sia voluto un po’ di tempo prima che gli After Crying ottenessero quel minimo di visibilità che meritano. Solo verso la metà degli anni ’90 ci si è accorti in Italia di questa meraviglia, che ha avuto modo anche di esibirsi al festival di Vigevano nel 1999.

Overground music è solo il primo passo di una carriera incredibile, in cui gli After Crying si sono reinventati continuamente, hanno suonato in importanti manifestazioni prog, ma anche in contesti più legati alla musica classica. A partire da questo album, proseguendo con il secondo, altrettanto spettacolare, Megalazottak es megszomoritottak e poi con una serie di altri lavori estremamente validi, gli After Crying, più di qualsiasi altra band post anni ’70, hanno mostrato un’originalità incredibile ed anche per questo sono riusciti a meritare un posto vicino ai grandi nomi storici del prog.

Peppe
settembre 2016
(articolo che originariamente doveva essere pubblicato sul quinto numero del Rotters' Magazine e che è rimasto poi inedito) 

2 commenti:

  1. Scoperti solo da pochi mesi,mi hanno conquistata da subito,ormai l'ascolto è diventato un rito quotidiano.Un grazie a chi ha condiviso dettagli e storiri sui loro lavori,mi avete fatto entrare nel loro mondo.

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    1. Lieto che ti siano piaciuti. Per un ulteriore approfondimento ti segnalo la retrospettiva presente su questa pagina https://rottersclubprog.blogspot.com/2025/09/artisti-after-crying.html anche se non aggiornata dopo il 2003.

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