alt Brani:

1-There is a war going on; 2-Jalal; 3-No more quarrel with the devil; 4-Rising upon clouds; 5-Purple haze; 6-The invitation; 7-Mercy, pity, peace and love; 8-There is a war going on (reprise); 9-Tears before bedtime; 10-The human abstract; 11-No more quarrel with the devil (reprise); 12-Mercury; 13-Goodbye my fellow soldier.

Formazione:
Alex Maguire: keyboards; Michel Delville: guitar, Roland GR09, samples; Tony Bianco: drums, sequencer.
2012, Moonjune Records - durata totale: 67:13

Nel corso dei due anni che separano Mercy, pity, peace & love dal disco d'esordio Alex Maguire, Michel Delville e Tony Bianco hanno arricchitto ulteriormente i loro curriculum, che pure erano già pieni di esperienze validissime. Senza addentrarci in un elenco che potrebbe essere troppo lungo di album e progetti di cui hanno fatto parte, andiamo immediatamente ad analizzare il secondo lavoro che i tre hanno realizzato a nome Doubt.

Anche Mercy, pity, peace & love, come il suo predecessore, raccoglie l'eredità della scuola di Canterbury e dei grandi maestri Hatfield and the North, National Health, Matching Mole, Soft Machine e Allan Holdsworth. Stavolta, però, il discorso si amplia maggiormente, visto che nei sessantasette minuti del cd c'è anche un maggiore spirito di ricerca, che abbraccia improvvisazione, musica colta, voglia di modernità, rock infuocato e tanto altro.

Le emozioni maggiori restano forse quelle avvertibili nei momenti più legati al jazz-rock canterburiano, come There is a war going on, Jalal, The invitation, Tears before bedtime, Mercury. Anche gli altri brani, tuttavia, mantengono standard davvero elevati aggirandosi su una maggiore sperimentazione, attuata attraverso un'avanguardia rock non troppo esasperata o grazie alle abilità nell'improvvisazione dei musicisti, capaci di creare vere e proprie free-form-songs irruenti e intriganti. Esemplare la title-track, dodici minuti di "lucida follia", tra tastiere lugbri e schizoidi, atmosfere stranianti ed un sound tecnologico eppure caldo e carico di energia. A tratti sembra quasi di ascoltare un mix allucinato tra quelle correnti contemporane portate avanti da Reich, Messiaen e Glass e certo R.I.O. moderno. Da ricordare anche una personalissima rivisitazione della hendrixiana Purple haze, strumentale (come tutto il disco), ancora più acida dell'originale, col riff storico in evidenza, ma con i musicisti pronti ad andare in ogni direzione per quasi cinque minuti e in cui viene fuori prepotentemente un drumming al contempo agile e feroce.

Confermata una classe e un'inventiva fuori dal comune per un nucleo di musicisti che merita di essere annoverati tra la crema dei protagonisti del prog più orientato alla sperimentazione del nuovo secolo. Magari i loro dischi non sono proprio destinati a tutti, ma chi cerca ancora quella scintilla creativa di chi prova ad andare oltre i cliché, suonando in piena libertà, troverà nei Doubt pane per i propri denti.

Peppe
giugno 2013