| Brani: | |
| 1-The Hurlyburly; 2-Interference patterns; 3-The final reel; 4-Lifetime; 5-Drop dead; 6-Only in a whisper; 7-All that before; 8-Over the hill; 9-(We are) not here. | |
| Formazione: | |
| Hugh Banton: organ, bass guitar; Guy Evans: drums, percussion; Peter Hammill: vocals, guitars, pianos. | |
| 2008, Virgin - Durata totale: 53:48 |
Il ritorno discografico dei Van der Graaf Generator nel 2005 è stato accolto favorevolmente un po’ ovunque. Eppure, a distanza di soli sette mesi dall’uscita di Present,
qualcosa nel gruppo si è rotto ed il rinnovato sodalizio tra i
musicisti storici della band è venuto meno. L’annuncio del distacco da David Jackson ha sorpreso i fan e gli appassionati e ha portato delle incertezze non indifferenti sul futuro della gloriosa sigla.
Alla fine Peter Hammill, Hugh Banton e Guy Evans hanno deciso di continuare ed il primo frutto di questa nuova formazione è Trisector.
Dissipiamo subito ogni dubbio affermando che nonostante l’assenza del
fiatista, la nuova versione in trio dei Van der Graaf Generator si
presenta nel migliore dei modi, con un album ispirato, dinamico,
potente, che ci regala l’ennesima testimonianza della grandezza e della
classe di questi musicisti. L’opener The Hurlyburly ed è un
pezzo strumentale di quattro minuti e mezzo, aperto con suoni in
lontananza che poi esplodono in un’allegra e semispensierata marcetta,
con le tastiere in bello spolvero. Ma è con Interference patterns
che si entra nel vivo del lavoro, con Hugh Banton e Guy Evans
particolarmente sugli scudi: tra ritmiche stravaganti in continuo
cambiamento, viene ricreato con il timbro del piano elettrico e
dell’organo quel sound tormentato di marca Van der Graaf e, anche se non
si sentono le urla lancinanti del sax cui eravamo abituati, si ha
subito la sensazione che la band non ha perso smalto e che è pronta a
rilanciarsi con una proposta ancora oscura e visionaria. E’ uno dei
pezzi da novanta dell’album. Le altre perle sono invece la sinuosa Lifetime, caratterizzata dall’incedere misterioso, la frizzante ed esplosiva All that before, con la chitarra in evidenza a mostrare il lato più rock del gruppo, e, su tutte, la lunga Over the hill.
Quest’ultima composizione più di ogni altra si avvicina come qualità al
meraviglioso passato del gruppo. Inizio con tastiere a dettare i primi
temi, entrata della batteria e della voce per le prime frasi melodiche,
subito da brividi, ed uno sviluppo che va oltre i dodici minuti con
passaggi strumentali di straordinario fascino, atmosfere pregne di
tensione e aperture e variazioni sorprendenti che ci incantano e che
offrono mille e passa emozioni durante l’ascolto. Gli altri brani, anche
se non dello stesso spessore di quelli appena citati, mantengono
comunque una qualità non indifferente. La ballad The final real potrebbe essere vista come una versione moderna di The house with no door,
col suo andamento lento, scandito dalle note del piano, dagli echi di
una chitarra elettrica in lontananza e dalle magie vocali di Hammill. Only a whisper
è un episodio un po’ particolare, in cui il gruppo si esibisce in un
personalissimo jazz-rock, che non fa perdere quell’aura conturbante e
cupa che da sempre avvolge i VdGG. Drop dead, sulla falsariga della traccia d’apertura, è un pop-rock tirato che viaggia spedito, mentre la conclusiva (We are) not here sintetizza in quattro minuti il “classico” rock sinfonico vandergraafiano.
Tutti coloro che temevano in un decadimento dei Van der Graaf, che
inorridivano al pensiero di ascoltare una chitarra elettrica ancora più
presente, sporca e fastidiosa, che già condannavano il futuro della
band, sono obbligati a rivedere le proprie posizioni. Hammill & Co.
sono ancora in grado di sorprendere e di regalare composizioni di enorme
valore, dimostrando di avere ancora molto da dire. Bravo il leader a
non cadere nel tranello di sostituire il sax con la sua chitarra, qui
presente nelle giuste dosi e con timbri tutt’altro che sgradevoli.
L’affiatamento tra i tre è perfetto, la forma ottima, le idee ci sono…
Insomma. il giudizio finale su Trisector è ampiamente positivo; certo,
non si può negare che il Generatore abbia perso uno di quei meccanismi
che gli permettevano di essere una geniale “invenzione”, eppure continua
ad essere unico, a sfornare grande musica e a funzionare dannatamente
bene!
Peppe
Giugno 2010
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