| | Brani: |
1-Zorn a Surriento; 2-Caldo bagno; 3-Mangiare; 4-Errore di Prallasse; 5-Né carne; 6-Né pesce; 7-Dammi un besh o; 8-CO2; 9-Sono Tranquillo Eppure Spesso Strillo – STRESS; 10-Canguri in 5; 11-Tilde; 12-Sig. M rapito dal vento | |
| Formazione: | |
Domenico Angarano: electric bass, fretless bass; Stefano Costanzo: drums and percussion; Marcello Giannini: electric guitar, acoustic guitar; Ludovica Manzo: vocals; Derek Di Perri: harmonica: Pietro Santangelo: alto saxophone, tenor saxophone, vocals; Riccardo Villari: violin. With guests - Giovanni Imparato: percussions and vocals on 2; Marco Pezzenati: vibraphone on 3; Ugo Santangelo: acoustic guitar on 8 | |
| 2009, Moonjune Records - Durata totale: 70:36 |
L’inizio di questo disco è perfetto in tutto e per tutto, per merito di un brano che già solo con il titolo fa intuire a cosa si va incontro: Zorn a Surriento! Introdotta da un basso ipnotico, questa traccia ci catapulta subito su un territorio partenopeo, con atmosfere che ricordano un po’ l’inizio di Palepoli degli Osanna, grazie a melodie che sanno anche di oriente e ad un bel cantato femminile in vocalese (che sarà spesso presente nel prosieguo dell’album), ma che verso i due minuti subisce quasi una metamorfosi quando si inseriscono divagazioni che spingono invece sul versante jazz-rock, con brevi esplosioni caotiche imprevedibili e ottimi spunti di sax. Presentazione migliore non poteva esserci!
Ma stiamo comunque parlando di una band che non è formata certo da pivellini. Hubris, infatti, è il secondo album degli Slivovitz, gruppo napoletano di grandi doti, attivo già dal 2001, che tuttavia fino ad ora non ha ricevuto le attenzioni che merita, almeno nelle cronache prog. Sarà che il loro non è un progressive “puro”, per così dire, o sarà che, come spesso accade, anche in un filone di nicchia come quello che trattiamo la visibilità maggiore cada su entità meglio pubblicizzate, ma che in fin dei conti non è che risultino così brillanti; fatto sta che speriamo vivamente che con questo nuovo album la band ottenga buoni riscontri, perché riesce a proporre un discorso musicale interessantissimo e spumeggiante, ricco di spunti da ricordare. Ciò che colpisce maggiormente in Hubris è una sorta di DNA zappiano, con contaminazioni di ogni tipo: tanto rock, ma anche tanto jazz e tanta musica etnica e folk. Senza dimenticare anche giuste dosi di humour che vengono a galla sia dal nome scelto (sicuramente curioso che una formazione napoletana punti su un noto liquore del centro Europa), sia dai titoli e dallo sviluppo di alcuni brani.
Capaci di tutto e di più, gli Slivovitz sanno incantare innanzitutto con un jazz dai mille colori, sia per la varietà timbrica con la ampia gamma di strumenti elettrici e acustici (cui si aggiunge anche la voce di Ludovica Manzo, anch’essa utilizzata in pratica come uno strumento), sia perché sa spostarsi da territori “classici” all’esuberanza del free, dal jazz-rock progressivo (con tanto di echi canterburiani) alla fusion tecnica e infuocata. Poi ci sono composizioni più particolari: Caldo bagno sembra unire musica etnica, spunti tribali di matrice africana e singulti psichedelici che ricordano i primissimi Pink Floyd; Mangiare riprende elementi e poliritmie derivanti dai lavori di Zappa portandoli a Napoli; Dammi un besh o rappresenta un qualcosa davvero di unico e inclassificabile, forse il brano in cui si riscontra la maggiore contaminazione, con variazioni di tempo continue, che fanno passare da un andamento spedito e trascinante a rallentamenti dalle movenze sinuose; STRESS, unico brano cantato con parole “vere” (in napoletano, tra l’altro), è un rock dirompente che unisce modernità e tradizione.
Gli Slivovitz hanno trovato una ricetta vincente, fatta di musica sfavillante, dai toni policromatici e ricchissima di contaminazione, ma che riesce ad avere una propria identità ben forte e precisa. Noi ascoltiamo, gustiamo e indichiamo senza esitazione Hubris come uno dei gioielli del 2009.
Peppe
Dicembre 2009
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