| Brani: | |
1-Don’t you find me sexy you fuckin’ marine?; 2-Investigation; 3-Suite n. 3; 4-Chi illuminerà questo grande buio?; 5-Adagio – riduzione psichedelica per band; 6-Nella notte del mare profondo; 7-Una folle folle corsa? | |
| Formazione: | |
Luca Vicenzi: chitarra elettrica, dodici corde, effetti, loops, ambienti; Marco Fortuna: basso elettrico, contrabbasso; Fabio Gatti: batteria, percussioni, effetti percussivi, natura, drum ‘n’ bass in 5; Francesco Agostoni: manipolatore del suono, editing, organo, piano, rhodes, sintetizzatori. Con Luca Urbani: sintetizzatore, editing, programmazione in 5; Francesco Tognini e Luca Zandonini: sintetizzatori e noise in 3; Marco Vicenzi: batteria in 5. | |
2009, Lizard - Durata totale: 73:38 |
Volume 2 è il terzo lavoro uscito a nome Zita Ensemble. Se ancora non avete avuto il piacere di imbattervi in questa band vi diciamo subito che si tratta di una delle più belle realtà che negli ultimi anni si sono messe in luce nella nostra penisola e che con questo nuovo cd toccano il loro apice creativo che merita , tra l'altro,di essere incluso fra le migliori pubblicazioni del prog italiano degli ultimi anni. I due episodi che lo hanno preceduto si muovevano maggiormente su una linea di confine abbastanza indefinibile, in cui il progressive flirtava con il jazz, con l’ambient, con la psichedelia, con l’avanguardia, fino a spingersi in maniera più netta verso improvvisazione e sperimentazione in Quintet sessions.
Questi lavori ci hanno introdotto una band capace, ricca di idee e in grado di incantare con una proposta sufficientemente complessa, intelligente e difficilmente catalogabile. E se già tante erano le note positive emerse, come già accennato con Volume 2 gli Zita Ensemble riescono a superarsi e a realizzare un album di cui spero si parli il più possibile, perché era davvero difficile, dopo quanto già offerto, arrivare a regalare quasi settantaquattro minuti di tale bellezza. Questa band sa incantare e lo sa fare nei modi più disparati, il coinvolgimento avviene con lunghe composizioni costruite sapientemente, con note coinvolgenti, con atmosfere rarefatte, con viaggi onirici, con imprevedibilità sorprendenti e con tanto altro ancora…
L’inizio è molto crimsoniano, con una trascinante Don’t you find me sexy you fuckin’ marine? In cui la sei corde viaggia libera da restrizioni e la sezione ritmica sembra figlia un po’ del Re Cremisi del ’71-’72, un po’ di quello degli anni successivi. Le successive Investigation e Suite n. 3 mostrano nette similitudini, visto che in partenza sembrano confermare un indirizzo derivante dalla scuola frippiana, ma man mano che si sviluppano si spingono maggiormente verso sonorità spacey molto conturbanti, che possono ricordare sia i classici Gong, sia la nuova psichedelia degli Ozric Tentacles, sia quei D.F.A. del gioiello Escher, con, in più, qualche strizzatina d’occhio al jazz-rock e ai corrieri cosmici. Vi starete chiedendo “ma non c’è troppa carne al fuoco?”. Be’, dalla descrizione può apparire anche un avvicinamento continuo e frenetico di stili diversi, ma la realtà è ben diversa ed è costituita dalla capacità dei musicisti di dare un indirizzo preciso alla loro proposta, indipendentemente dalle influenze e che ha un senso pienamente compiuto. Una capacità, più unica che rara, di dare al risultato globale una solidità ed una impronta personale forte, evidente e di impatto. Ormai siamo nel pieno del disco: in Chi illuminerà questo grande buio? emerge ancora maggiormente la via del jazz-rock progressivo, con un inizio d’atmosfera, ritmi agili e poi magiche accelerazioni, in cui chitarra elettrica, basso e batteria possono sbizzarrirsi e divertirsi. La traccia Adagio – riduzione psichedelica per band ha un titolo che dice già tutto ed è caratterizzata da un incedere lento ed un sound ambient erede sia di vecchi viaggi psichedelici, sia di David Sylvian e di certa elettronica degli anni più recenti. Nuovamente jazz-rock con Nella notte del mare profondo, ma qui siamo più vicini a qualcosa di trascinante e mediterraneo, quasi a riprendere certi discorsi cari agli Area con ricerca e contaminazione, alternando crescendo infuocati a frangenti più eterei e sperimentali (a tratti persino floydiani). Molto suggestiva anche la conclusiva Una folle corsa?, in cui si riassaporano atmosfere che ricordano i Pink Floyd di fine anni ’60-inizio ’70, rivestite a nuovo, ma sempre allucinate e intriganti allo stesso tempo.
Ribadisco la speranza che gli appassionati più attenti e curiosi si avvicinino a questo disco, anche perché potrebbe dare una meritata iniezione di fiducia per una band il cui futuro appare purtroppo molto incerto nel momento in cui scrivo. Sarebbe un enorme peccato perdere gli Zita Ensemble proprio ora che hanno raggiunto la definitiva consacrazione: sarà anche grazie a loro e allo splendido Volume 2 che il prog italiano della prima decade del XXI secolo sarà ricordato in futuro!
Peppe
Dicembre 2009
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