| Brani: |
1-Infinite
Lactean Seashore; 2-More life forms; 3-Are we alone?; 4-Fluttering
flags; 5-Meteor; 6-To write me a song; 7-An awful waste of space – part
one; 8-Not ready to know; 9-Far Lo; 10- An awful waste of space - part two; 11-We are not alone. |
| Formazione: |
Samuele Santanna: vocals, electric guitars, bass, synth, samples, effects, drum programming, loops. Marco
Chiappini: synth, keyboards, mellotron on 1, 6; Fabrizio Trinci: synth,
keyboards, organ, piano on 4, 5, 7, 8, 9, 10; Gilberto “Gito” giusto:
sax on 5, 8 |
| Lizard, 2009 - Durata: 63:58 |
Il primo album dei Raven Sad, progetto portato avanti da Samuele Santanna, aveva colpito favorevolmente per quelle sue atmosfere rilassate e dal sound spacey, che avevano fatto scattare subito naturali paragoni con i Pink Floyd e i Porcupine Tree.
E’ un piacere ritrovare Samuele un anno dopo con un nuovo cd che parte
dalle stesse coordinate del primo, accentuandone (ma non esasperandone)
la vena cosmica, per dare continuità ad un processo artistico che appare
convincente in tutto e per tutto.
Il suono delle onde, il canto dei
gabbiani, voci fuori campo, note lunghe di chitarra, tastiere
d’atmosfera… E’ così che Infinite Lactean Seashore ci introduce a questo lavoro, con un indelebile marchio floydiano per la musica sospesa e rilassata di scuola Shine on you crazy diamond. A seguire, More life forms
ci porta, con l’entrata di una batteria che scandisce tempi lenti e del
cantato soffice, in quelle dimensioni oniriche presenti, oltre che
negli album dei Pink Floyd, anche nella nuova psichedelia dei primi dei
Porcupine Tree e in certa produzione di David Sylvian. E con questo abbiamo già descritto le coordinate su cui si muove questo We are not alone:
per un’ora e passa abbiamo queste atmosfere avvolgenti, questa dolce
malinconia, questo lento fluttuare di note che accarezza docilmente
lasciando gradevoli sensazioni. Anche quando si punta su qualcosa di
diverso, con una leggerissima accelerazione, un pizzico di elettronica,
condita da sax e belle melodie, come accade in Meteor, brano che rievoca contemporaneamente il miglior Alan Parsons Project e gli Enigma,
o anche con qualche vagito di post-rock sparso qua e là, il discorso
musicale resta pienamente godibile. Forse, ad essere pignoli, manca un
po’ di “dinamica”, intesa come variazioni improvvise che ogni tanto
fanno sobbalzare, ma non se ne sente la mancanza più di tanto, perché si
avverte che siamo di fronte ad un album fatto innanzitutto con il
cuore, proponendo ciò che piace e ciò che si è capaci di fare molto
bene. Ascoltare conferme di questo tipo è sempre un piacere!
Peppe
Novembre 2009
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