Brani:

1-The root of all evil; 2-The answer lies within; 3-These walls; 4-I walk beside you; 5-Panic attack; Never enough; 7-Sacrified sons; 8-Octavarium

Formazione:

James LaBrie: vocals; John Myung: bass; John Petrucci: guitars and vocals; Mike Portnoy: drums, vocals and percussion; Jordan Rudess: keyboards, Continuum and Lap Steel guitar.
Orchestra on Sacrified sons and Octavarium - Concert Master: Elena Barere; Violins: Katherine Fong, Ann Lehmann, Katherine Livolsi-Stern, Laura McGinnis, Catherine Ro, Ricky Sortomme and Yuri Vodovoz; violas: Vincent Lionti and Karen Dreyfus; celli: Richard Locker and Jeanne LeBlanc; flute: Pamela Sklar; French horns: Joe Anderer and Stewart Rose.
String Quartet on The answer lies within - First violin: Elena Barere; second violin: Carol Webb; viola: Vincent Lionti; cello: Richard Locker

Prodotto da: Mike Portnoy e John Petrucci
Anno: 2005, Atlantic - Durata: 75:46

Volenti o nolenti, i Dream Theater fanno sempre parlare di sé nelle cronache del mondo del prog. E la loro capacità di cambiare volto di album in album, mantenendo come elemento comune una tecnica strabiliante (elemento che porta alle critiche più aspre, visto che i musicisti sono attaccati per i loro esibizionismi spesso fini a sé stessi), non facilita giudizi precisi e, soprattutto, “sereni”.

Dopo un album durissimo, con Octavarium la band vira nuovamente verso sentieri non battuti del tutto in precedenza e prova a seguire una via fatta di piccoli compromessi tra cervello e cuore, di equilibrio e di voglia di guardare avanti. Sembra quasi che abbia cercato, rispetto al recente passato, di allontanarsi dagli estremismi di cui maggiormente era stata accusata. Così, LaBrie “urla” meno del solito, Petrucci evita di suonare mille note al minuto, Rudess trova timbri più caldi, i vari brani non sono allungati più dell'essenziale… Eppure restano i Dream Theater. Classici, riconoscibili immediatamente dopo poche note... C'è il loro prog-metal con The root of all evil e These walls, c'è la “ballatona” (The answer lies within), c'è la versione “aggressiva” degli U2 (I walk beside you), influenza già mostrata in passato (soprattutto con The way it used to be), c'è il metal tecnico e potente erede di Awake (Panic attack e Never enough), c'è l'episodio raffinato e sinfonico con intermezzo più concitato (Sacrified sons). Soprattutto, c'è l'epica title-track: 24 minuti in cui il Teatro dei Sogni rende un omaggio dichiaratissimo al prog classico degli anni '70 (e non solo: emblematico il passaggio col testo che recita Sailing on the seven seize the day tripper diem's ready/Jack the ripper owens Wilson Phillips and my supper's ready/Lucy in the sky with diamone Dave's not here I come to save/The day for nightmare cinema show me the way to get back home again), combinando Pink Floyd (vedi l'atmosfera iniziale che rievoca, fin troppo, quella celebre di Shine on you crazy diamond) e Yes ed inserendo sonorità che rimandano alla loro opera migliore Images and words. In quest'occasione non si tratta delle consuete acrobazie strumentali a cui i musicisti ci hanno abituato, ma un vero e proprio tributo ricco di citazioni ed autocitazioni, eseguito, nota di merito, senza troppa pacchianeria. L'inserto di flauto nella parte acustica dopo l'apertura floydiana e le orchestrazioni nel finale donano un tocco classicheggiante raffinato come poche volte si è ascoltato nei lavori del gruppo americano. Restano dubbi sulla “spontaneità” di questi musicisti, incredibili mostri di tecnica, ma che non sempre mostrano quel calore che in un campo come quello musicale non deve mai mancare. Non si può comunque negare la gradevolezza del loro nuovo lavoro; che i Dream Theater abbiano davvero trovato il giusto equilibrio tra il progressive del passato e la veemenza del metal con cui sono cresciuti?

Peppe
novembre 2005