Brani:

1-The long fianchetto; 2-Returglas; 3-Chameleon; 4-Om tare; 5-Tacenda for you; 6-When the Moon is the river of heaven; 7-Plaint; 8-The water road.

Formazione:

Andy Bonham: fretless bass; Amy Darby: vocals, descant recorders, tenor recorder, clarinet, spoons, percussion, theremin; Thomas Johnson: keyboards; Phil Mercy: guitars, backing vocals; Mark Robotham: drums, cymbals, cowbells; Anna Holmgren: flute; Stina Pettersson: cello; Paul Beecham: soprano saxophone, oboe; Mattias Olsson: loops.

Prodotto da Phil Mercy e Thomas Johnson

2008, autoproduzione

 

Sorprese graditissime nel nuovo album dei britannici Thieves’ Kitchen, visto che scorgendo i nomi di chi vi ha partecipato troviamo personaggi che sono stati protagonisti di una delle più interessanti realtà degli anni ’90, gli Anglagard.

Infatti, il chitarrista Phil Mercy, leader della band, è stavolta affiancato da Thomas Johnson alle tastiere che soprattutto con il mellotron aveva tanto caratterizzato il suono della compagine svedese la decade scorsa. Ma a dare un contributo importante sono presenti anche Anna Holmgren al flauto e Mattias Olsson che cura la produzione insieme allo stesso Mercy. 

Fin dalle prime note di The long fianchetto, suite di ventuno minuti, percepiamo qualcosa di speciale, con il piano ad introdurre con delicatezza e malinconia una composizione magnifica. Dopo l’inizio classicheggiante entriamo in un sound romantico vagamente floydiano, che prima il mellotron, poi il violoncello ed infine la chitarra, spingono in una direzione “svedese”, proprio a ricordare certe soluzioni proposte dagli Anglagard all’inizio dei nineties. E si continua così, tra cambi di tempo e di atmosfera, gradevoli melodie vocali, parti strumentali eccellenti ed un sound passatista, ma sicuramente affascinante. Gli altri brani confermano in pieno la svolta intrapresa da Mercy e soci, con questo prog sinfonico di matrice nordica, in cui convivono allo stesso tempo romanticismo, echi crimsoniani del periodo ’73-‘74, tantissimo mellotron, lievi dissonanze e in cui si avverte solo una lontanissima parentela con quello stile di classico new-prog, interessante, ma non sempre incisivo, degli esordi. 

L’auspicio è che i Thieves’ Kitchen proseguano su questa strada e che l’asse Gran Bretagna - Svezia sia pienamente confermato in futuro. 

Peppe

Gennaio 2009