![]() | Brani: |
| 1- Verso l'Alba; 2-Insolita Parte di Me; 3- Boccadasse; 4-Le Due Metà della Notte; 5-La Stanza Nascosta; 6-Danza Esoterica di Datura; 7-Faldistorium; 8-L'Attesa; 9-Il Centro Sottile; 10-Antidoto Mentale. | |
| Formazione: | |
Stefano "Lupo" Galifi: voce; Elisa Montaldo: pianoforte, tastiere, organo, voce; Fabio Gremo: basso; Giulio Canepa: chitarre; Paolo Tixi: batteria. | |
| 2010, Black Widow |
Il suono del Tempio delle Clessidre è ben riconoscibile a primo ascolto, segno di una gran maturità e chiarezze di idee, dote invidiabile ad ogni band, figuriamoci ad una al suo esordio.
Tastiere in grande evidenza e l'uso dell'Hammond fa subito pensare ai vari ELP o Nice o, in campo nostrano, al Banco del Mutuo Soccorso; in realtà, l'accostamento è solo formale e non nella sostanza.
La chitarra c'è e sebbene non ha il ruolo da protagonista, cesella e aiuta a colorare la tavolozza timbrica altrimenti eccessivamente monocorde: sebbene Elisa Montaldo, la tastierista e compositrice, faccia di tutto per usare campioni di altri strumentazioni, l'alternanza pianoforte (momenti di quiete, atmosferici) e Hammond nelle frasi ritmiche, crea nello scorrere delle canzoni una certa stagnazione e quindi fortuna è che la chitarra c'è (direbbe Forrest Gump) .
Altro elemento caratterizzante del sound del gruppo sono i repentini cambi di tempo e ambientazione. Qui la parte da leone la fanno il bassista e batterista che sono impegnati in compito non semplice: dare ossatura e coerenza alle varie frasi melodiche sia del cantato che delle tastiere. La melodia, infatti, non è mai scontata e banale e, pur massicciamente presente, come da tradizione italiana, è usata con grande maestria compositiva.
Volutamente non ho ancora citato l'operato del mitico Stefano “Lupo” Galifi (voce del Museo Rosenbach). Oltre a cantare magistralmente le suddette intricate melodie, mostra come sempre la sua padronanza nell'uso della voce.
Ad ogni modo, il complimento non è per la sua professionalità, ma piuttosto per l'intelligenza di essersi inserito in questo gruppo di ragazzi come membro del gruppo più che come la “prima donna” da venerare creando quindi opportunità creative più che ostacoli ad esse, e il risultato si sente in ogni episodio dell'album.
Ma vediamo con qualche dettaglio la struttura di questo lavoro.
Dopo lo strumentale iniziale, e l'assaggio di quello che sarà dell'Insolita parte di me, l'album decolla in Le due metà di una notte, dove l'ottima voce, le tastiere, un po' di maggior spazio alle chitarre formano un pezzo veramente bello. Ma dopo il decollo c'è il volo: sembra quasi un volo a vela quello di La stanza nascosta, dove pianoforte e voce ci conducono in picchiate vertiginose, planando a spirale sempre più dentro sé stessi dove ben nascosta troviamo la tenebra della Danza esoterica di Datura e Faldistorum.
In Danza esoterica di Datura il pianoforte, le linee melodiche di basso, il coro, il cambiamento di ritmo, creano suggestioni molto dense capaci di attirare l'attenzione anche all'ascoltatore più disattento. Insomma un vero gioiello.
Faldistorum, ci riporta alla realtà: bisogna pur atterrare da qualche parte, e si decide di farlo con una cattivissima chitarra e con il consueto suono d'Hammond su tappeto di Mellotron e la voce profonda di Galifi.
C'è voglia di divertirsi in L'attesa, un bel basso, e solito ritmo incalzante come sfondo alla voce cristallina di Galifi. Oltre il suono dell'Hammond si sfodera quello di un vecchio moog in alternanza con un pianoforte, il basso lavora molto bene, e si è di nuovo nelle labirintiche trame che questi 5 “ragazzi” sanno creare molto bene.
Una frase innocente di pianoforte ci introduce nella maestosa Il centro sottile.
Sintesi dell'intero album gli ultimi 9 minuti di musica percorrono ormai sentieri ben noti e sebbene un pezzo di forti suggestioni (si sente, più che in altri parti, l'eco del Museo) non aggiunge nulla di più a quanto già detto in precedenza.
La bonus track, un pezzo di pochi minuti, costruito su una frase di moog, ci fa venire solo voglia di premere di nuovo play sul lettore per cominciare tutto da capo!
Ad ogni modo siamo di fronte ad una prima e come ogni prima e come accennato ad inizio recensione, oltre la freschezza e le potenzialità descritte, qualche ombra si intravvede.
Il troppo tecnicismo e l'impostazione del sound del gruppo a volte possono generare una certa sensazione di freddezza e una ripetitività della formula, troppo basata su cambi di tempo mozzafiato: belli per un po', ma alla lunga affaticante all'ascolto.
E' chiaro che ne esce un quadro di musicisti padroni del loro strumento, ma sono convinto che nei prossimi lavori (sono certo che ce ne saranno), sapranno sfruttare l'enorme potenzialità che hanno mostrato proprio nei momenti più rilassati di quest'album.
Ad ogni modo un disco che mi ha fatto piacere acquistare e ascoltare, e che non sfigura nello scaffale vicino a tanti classici italiani e non. Magari i restanti gruppi storici che producono ancora musica nuova facessero album del genere, si griderebbe al miracolo! E scusate se è poco!
Montag
gennaio 2012

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