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Brani: 1-Into the subAtomic (5:21); 2-Free at Last (5:17); 3-Mind Becomes Mind (5:14); 4-I don't Believe (5:53); 5-Matter is Energy (4:55); 6-Comprensible (7:53); 7-Infinite Strength (6:38); 8-Where no one can win (8:05); 9-Step out of your body (5:12); 10-The cauldron (15:18)
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A pochi mesi dall'ascolto del precedente Disappearance, mi è capitata la fortuna di avere tra le mani questo nuovo lavoro di Copernicus.
Se i concetti non cambiano (vedi in concept e altre storie), questo lavoro è alquanto diverso dal precedente.
Sebbene
le musiche si basino ancora su improvvisazioni, si nota una gran cura e
un gran lavoro di missaggio ed editing in studio.
Il disco si fa ascoltare, risultando sorprendentemente piacevole: le dissonanze lasciano il posto a tappeti di tastiere e chitarre. Copernicus sembra voler trasmettere più la dolcezza e la rilassatezza dell'esistenza nel subatomico che l'asprezza della falsa vita creata con inganno dal nostro cervello.
Si passa dalla riuscitissima e rockeggiante Into the subatomic, alle atmosfere rarefatte o claustofobiche classiche del sound di Copernicus in Mind Becomes Mind o Matter is Energy.
Ma ogni pezzo sarebbe da citare, ogni brano ha la sua storia e atmosfera.
Come nel precedente c'è anche posto per la denuncia politica, sempre intarsiata nella non esistenza,
come in Where no one can win scritta pensando alla situazione in Afganistan ed Iraq.
Nella finale The cauldron Copernicus tira le conclusioni di questo lavoro, con 15 minuti di sana e pura anarchia, dove la musica diventa jazzata quando prende voce il sassofono, sinfonica, quando prende voce il trombone o il violino, sempre più incalzante quando è la batteria a farsi sentire: insomma, un vero calderone di musica, dove tutti i musicisti (e notate la lunga lista di musicisti coinvolti nel progetto) prendono a turno voce come un gran giro di jazz di altri tempi.
Veramente, notevole, un pezzo da sentire con orecchie e cervello aperto, per godere delle atmosfere create da questo disordine organizzato.
Unico appunto che mi sento di fare a questo lavoro, è che ponendo maggiore attenzione alla musica, il “cantato” di Copernicus a volte sembra leggermente staccato dal contesto, perdendo quell'omogeneità e quell'effetto “magico” del lavoro precedente.
Ma questo non toglie nulla a questo lavoro che farà il piacere dei fan di Copernicus, e che è degna prosecuzione del lavoro precedente.
Montag
gennaio 2012

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