Brani:
1-Universo e terra  (preludio); 2-L'infanzia di Maria, incluso La tentazione; 3-Il ritorno di Giuseppe, incluso Il respiro del deserto; 4-Il sogno di Maria; 5- Ave Maria, incluso Aria per Maria; 6-Maria nella bottega di un falegname, incluso Rumori di bottega; 7-Via della croce, incluso Scintille di pena; 8-Tre madri, incluso Canto delle madri; 9-Il testamento di Tito; 10-Laudate Hominem, incluso Ode all'uomo.
Formazione:
PFM
Franz Di Cioccio: voce, batteria, percussioni; Patrick Dhivas: basso; Franco Mussida: voce, chitarre.

Special guest:
Lucio Fabbri: violino, chitarra acustica.

Featuring:
Piero Monterisi: batteria; Gianluca Tagliavini: tastiere.
2010, Aerostella - Durata totale: 62:22

Preambolo necessario, e a quanto pare comune a tante altre recensioni di questo disco, prima di poter raccontarvi dell'ultimo lavoro in studio della PFM.

Il semplice fatto che si ha l'esigenza di fare un “preambolo” dimostra l'imbarazzo con cui un “recensore”, diciamo meglio, un appassionato, prova nel cercare di mettere nero su bianco le sue impressioni su La buona novella in “salsa PFM”, diciamo così.

Partiamo da alcune considerazioni semplici. Perché?
Perché rifare un lavoro tra i più intensi (e coraggiosi) del De André d'annata?
Forse per far avvicinare i giovani all'opera di Faber? No, oramai i giovani non ascoltano la PFM (intendo la “massa”), quindi quando Franz e compagni hanno ragionato (perché sono convinto che si è ragionato sul farlo o meno)  non era questa l'intenzione.
Restano allora due ipotesi: il voler cavalcare ancora l'onda del ricordo di De André, o il voler  chiudere con alcune cose fatte in passato, semmai modernizzandole, per poi andare avanti.
Speriamo nella seconda.

Senza fare paragoni, l'opera fila liscio senza troppi intoppi, il cantato è quello di sempre e quindi ok, Mussida qua e là muove un po' più le dita... addirittura si ripesca anche nel passato PFM per dare una firma, per sentire più propria una Laudate hominem, ad esempio.
Se si ha in mente l'originale allora viene voglia di fermare l'ascolto per non soffrire.
A volte l'interpretazione troppo rocker di Di Cioccio , sebbene in sintonia con la musica, stona con le strofe cantate. Anche le soluzioni più rock tendono a sminuire certa enfasi e pathos che erano ben impressi nei solchi, giusto per parafrasare il buon De André, dell'originale.
Insomma, paradossalmente l'opera della PFM sembra più “scontata” e meno articolata dell'originale.

Resto quindi perplesso, per un disco che delude un appassionato del  progressive ed è “solo” suonato bene.

Troppo poco per far passare la sufficienza. La PFM avrebbe fatto meglio a fare un triplo live (è in circolazione un live con le sole canzoni di De André ) e inserire in quella sede La buona novella; avrebbe avuto altro senso e altro giudizio.

Si spera ora, che si possa finalmente girare pagina e avere un continuo a quel Stati di immaginazione che aveva fatto sperare in un futuro migliore.

Giusto per chiudere, chi non conoscesse il disco, i suoi testi e l'importanza che ha avuto nella storia di De André (fu, tra le altre cose, censurata dalla RAI) invito fortemente ad ascoltare l'originale, con il suo pathos nell'uso del “coro greco”, invenzione non nuova nel teatro ma assolutamente innovativa in una composizione di musica rock italiana...  peccato che questo aspetto (l'innovazione: la sola Laudatem Hominem originale è più moderna di tutto il materiale riarrangiato nel 2011), la PFM, l'abbia trascurato.


Montag

gennaio 2012