| | Brani: |
| 1-Three views from Chiching Precipice (after Bai Juyi); 2-Tangabata; 3-Kan hai de re zi (“Days by the sea”); 4-Aviariations on “A hundred birds serenade the phoenix; 5-Bagua (“Eight trigrams”). | |
| Formazione: | |
Dennis Rea: electric and resonator guitars, melodic, Naxi jaw harp, kalimba, dan ban (Vietnamese monochord). Alicia
Allen: violin; Greg Campbell: drums, percussion; Ruth Davidson: cello;
James DeJoie: bass, flute, bamboo flute, bass clarinet; Caterina De Re:
voice; Stuart Dempster: trombone, conch shell; Will Dowd: drums,
percussion; Elizabeth Falconer: koto; John Falconer: shakubachi; Jay
Jaskot: drums; Paul Kikuchi: percussion; Kevin Millard: baliset. | |
| Prodotto da Dennis Rea 20010, Moonjune Records - durata totale: 46:57 |
Dennis Rea vive un momento di iperattività: dopo i recenti cd con Moraine e Iron Kim Style
ci propone un lavoro solista molto particolare e derivante
indubbiamente dalle sue esperienze di vita in Cina risalenti all’inizio
degli anni ’90. Rispetto ai gruppi succitati, infatti, Rea in
quest’occasione si distanzia dal jazz e dall’improvvisazione tipica di
certo rock occidentale e, partendo dalla musica tradizionale dei paesi
dell’’Est asiatico, punta su un percorso intrigante e difficile da
catalogare e restringere all’interno di confini musicali ben delineati.
Fin dalle prime note della traccia d’apertura Three views from Chicheng Precipice
siamo accolti da delicate melodie dal sapore di Oriente, articolate tra
chitarra, violino, violoncello, strumenti etnici e percussioni ed
evidenziando anche una certa impronta classicheggiante. Nei seguenti
brani Rea conferma quest’approccio, magari incrementando certe soluzioni
cameristiche e sperimentali che potrebbero permettere certi
accostamenti al R.I.O., ma dal quale si discostano proprio per una
componente che si mantiene ben lontana da soluzioni europee e/o
americane, dove questo movimento vanta i suoi migliori esponenti.
L’andamento è spesso molto lento, i suoni più disparati regalano
particolari “colori” ai quali non siamo abituati e bisogna dire che
quanto meno la musica che arriva alle nostre orecchie desta una certa
sorpresa per chi è curioso di ascoltare qualcosa di inusuale.
All’interno del cd possiamo anche leggere le note dell’autore, che
spiegano la provenienza e le caratteristiche di ogni pezzo e che ci
fanno capire meglio lo spirito del suo lavoro. Questo album di Rea è
fondamentalmente un atto d’amore verso delle terre che per un po’ lo
hanno adottato e affascinato e il musicista statunitense prova a
trasmetterci emozioni derivanti da uno scenario sonoro a noi poco
avvezzo, ma che tanto lo ha colpito e influenzato.
Peppe
Settembre 2010
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