Brani:

1-Svapna; 2-Arunachala/La verna; 3-Hallayö; 4-Etsin ihmettä; 5-Sulokutsu; 6-Riisutut sielut; 7-Elävä; 8-Koan.

Formazione:

Pekka Alonen: vocals; Esko Grundström: bass, piano; Alonzo Heinno: guitars, synths, programming; Annika Koivula: vocals; Taneli Korpinen: drums, percussion; Tero Pajunen: vocals, violin; Tauno Saviauk: flute.

Guests: Anna Grundström: cello; Hessi Hirvonen: viola; Sami Kurrpa: tenor saxophone, clarinet; Matti Mustonen: theremin

2008, autoproduzione - Durata totale: 42:22


Koan è il quarto album degli One Taste, interessantissima band finlandese autrice di una piccola meraviglia con il precedente Anamnesis, meravigliosa suite quasi interamente strumentale in cui si ritrovavano insieme prog romantico, fusion methenyana e folk-rock. L’opener Svapna ci fa capire subito che la band non vuole sedersi sugli allori e riproporre la stessa identica formula di Anamnesis: resta una coinvolgente delicatezza di base e ci troviamo di fronte ad una ballad dalle aggraziate melodie, con doppia voce (femminile e maschile), dalle venature folk e con violino in evidenza, ma pronta pure a spingersi sul versante rock con sferzate chitarristiche. A seguire una serie di canzoni che seguono più o meno queste caratteristiche, attraverso le quali si prova a far convergere in un’unica direzione il rock, la tradizione nordica, il pop e il jazz. I risultati sono assolutamente apprezzabili, per merito degli arrangiamenti ricercati, delle timbriche ricche di colore grazie ai numerosi strumenti utilizzati e ai contrasti tra timbri elettrici ed acustici, senza dimenticare le dinamiche imprevedibili che magari fanno passare improvvisamente da morbide atmosfere folk a sonorità più energiche. Non mancano situazioni in cui riemerge con prepotenza l’amore che la band nutre per il periodo d’oro del Pat Metheny Group, vedi Etsin Ihmetta, dove ci sono stupendi passaggi di piano e chitarra elettrica che rimandano ai vari Offramp, Travels e Still life. Merita menzione anche Elävä, inizialmente guidata da uno splendido flauto e poi con un finale travolgente in cui si mettono in luce chitarra, violino e parti vocali maestose. Pur con un’opera diversa dalla precedente gli One Taste convincono pienamente anche stavolta. Non si può più parlare di sorpresa, ma di conferma di grandi qualità per una delle band più interessanti in circolazione. 

Peppe

Maggio 2010