| | Brani: |
1-Mean Streets of Pyongyang; 2-Gibberish falter; 3-Po’ brief; 4-Don Quixotic; 5-Adrift; 6-Amber waves of migraine; 7-Pachinko malice; 8-Dreams from our dear leader; 9-Jack out of the Kims; 10-Slouchin’ at the Savoy. | |
| Formazione: | |
Fellow Travelers: Dennis Rea: six strings electric guitar; Ryan Berg: bass guitar; Bill Jones: trumpet; Thaddaeus Brophy: twelve strings electric guitar; Jay Jasot: drums. Fifth Columnist: Izaak Mills: bass clarinet (tracks 1 & 5). | |
| 2010, Moonjune Records - Durata totale: 55.55 |
Dopo l’ottimo lavoro con i Moraine, Dennis Rea torna alla carica con un nuovo progetto che già a partire dal nome scelto incuriosisce e fa pensare a qualcosa di strambo. Il monicker Iron Kim Style è un tributo al dittatore nordocoreano Kim Jong-Il e lo si evince anche dalla copertina e dall’immagine all’interno del cd. Ma non basta: la band dichiara anche di ispirarsi alla musica marziale della Corea del Nord!
Provocazione? Ironia? Follia? Cosa aspettarsi da queste premesse? Un po’ di timore sarebbe naturale… E invece… Diciamo subito che in una ideale “geografia musicale” il mondo degli Iron Kim Style si collocherebbe ad una via di mezzo tra l’universo del jazz-rock elettrico davisiano e la scena canterburiana. La prima traccia Mean streets of Pyongyang, di oltre dieci minuti e mezzo, è decisamente figlia del Miles Davis di Bitches brew e Big fun, con le note che viaggiano in libertà, con l’elettricità della chitarra che fa da contraltare al suono della tromba e del clarinetto, con il suo incedere ritmico stravagante e un po’ ossessivo. Resterà il miglior brano dell’album, ma anche i successivi sono all’impronta della qualità. In alcuni, vedi Gibberish falter, oltre ancora a guardare il passato con cenni funk vagamente à la Jack Johnson (ancora Davis!), i timbri particolari delle sei e dodici corde evidenziano anche una voglia di modernità, ancor più chiara nel crescendo dal sapore post-rock di Don Quixotic. L’indirizzo è sempre chiaro: spontaneità, di quella della miglior specie… Di quella che emerge tra musicisti che si capiscono al volo, che riescono a far volare e coordinare i propri strumenti creando un flusso sonoro che vibra costantemente, che inonda e travolge, che fa capire in pieno che siamo di fronte a dei talenti. Ci sono frangenti in cui è il rock a trionfare, tra dissonanze, qualche frenesia in Jack out of the Kims, spigolosità tutt’altro che inaccessibili e non mancano passaggi d’atmosfera, che permettono di tirare il fiato e che palesano dinamiche perfette per una band che sa davvero improvvisare nel migliore dei modi. Tanto Davis, quindi, ma anche Soft Machine, Nucleus, Matching Mole, Terje Rypdal, King Crimson, Sun Ra in questo caleidoscopio musicale incredibile, nato dalla voglia di suonare e di sperimentare e che ha fruttato quasi un’ora di ottima musica.Peppe
Maggio 2010
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