Brani:

1-Neo caliban grides; 2-All white; 3-Slightly all the time; 4-Drop; 5-M.C.; 6-Out-bloody-rageous; 7-As if; 8-Dark swing; 9-Intropigling; 10-Pigling bland.

Formazione:

Mike Ratledge: Lowrey organ, Fender Rhodes electric piano; Elton Dean: saxello, alto sax, Fender Rhodes electric piano; Hugh Hopper: bass guitar; Phil Howard: drums.

2009, Moonjune Records - Durata totale: 62:10

L’uscita di questo ennesimo documento d’epoca dei Soft Machine trova la sua “giustificazione” (per così dire) nel fatto che vuole essere la prima testimonianza dell’attività concertistica di una formazione che ha avuto vita breve nella storia della Macchina Soffice. Stiamo infatti parlando della line-up dell’immediato dopo-Wyatt, che riuscì a incidere solo il lato A di Fifth, quando dall’agosto del 1971 al gennaio del 1972, dietro la batteria, ad affiancare Ratledge, Dean e Hopper, ci fu l’australiano Phil Howard.

In Drop troviamo un’esibizione della fine del 1971 registrata durante un tour in Germania. Si nota come il repertorio d’epoca, con l’entrata del nuovo drummer, spingeva in maniera molto decisa sulla sperimentazione e su una forte libertà di schemi, per la felicità soprattutto di Elton Dean e del nuovo entrato che premevano per questo indirizzo “free”. Anche classicissimi quali Slightly all the time e Out-bloody-rageous sono alimentati da una nuova linfa, che li allontana dalle versioni che conosciamo alla perfezione e sicuramente incuriosiscono queste vesti inedite, più energiche e in cui sembra anche aumentare il grado di improvvisazione. Il resto della scaletta (anche se è difficile parlare di “scaletta”, visto che i brani in pratica si susseguono senza soluzione di continuità) non fa altro che confermare la voglia dei Soft Machine di orientarsi sempre più verso sentieri jazzistici e sicuramente l’istrionico e irruente stile di Howard (debitore di Tony Williams) ha un peso evidente, con il batterista che si ritrova spesso a fare la parte del leone. Di lì a breve gli scontri tra le personalità forti dei musicisti spinsero Howard ad abbandonare e ci fu l’ingresso di John Marshall (in realtà già in precedenza prima scelta dei Soft Machine, che non ne ottennero subito l’apporto a causa degli impegni con la band di Jack Bruce), che segnò l’inizio di un altro capitolo importante per il gruppo. Prima di concludere, segnaliamo che la confezione del cd è in formato digipack e contiene un libretto ricco di informazioni a cura di Steve Lake. Abbiamo già accennato all’ampia quantità di materiale postumo targato Soft Machine presente sul mercato, che potrebbe rendere questo prodotto non indispensabile, ma bisogna anche dire che con Drop viene costruito un altro tassello importante per l’approfondimento della storia di questa mitica band e sono certo che i più affezionati sostenitori e cultori dell’epopea canterburiana non se lo lasceranno sfuggire e saranno completamente soddisfatti, come me, dell’ascolto. 

Peppe

Ottobre 2009