Brani:

Zarathustra: -L'ultimo uomo - Il re di ieri - Al di là del bene e del male - Superuomo - Il tempio delle clessidre; Degli Uomini; Della natura; Dell'eterno ritorno

Formazione:

Giancarlo Golzi: batteria, timpani, campane, voce Alberto Moreno: basso, pianoforte Enzo Merogno: chitarre, voce Pit Corradi: mellotron, organo Hammond, vibrafono, piano elettrico Farfisa Stefano "Lupo" Galifi: canto

Tecnici di registrazione: Carlo Martinet e Dino Gelsomino
Anno: 1973, BMG Ricordi - Durata: 39:33

Zarathustra è uno di quei dischi che viene considerato, quasi all’unanimità, tra i più grandi lavori non solo della scena italiana, ma dell’intero progressive rock. Tralasciando le implicazioni filosofiche del superomismo nietzschiano e le inevitabili polemiche che accompagnarono il gruppo, accusato stupidamente di fascismo, all’uscita del disco, concentriamoci sul contenuto musicale.

Zarathustra è uno straordinario esempio di rock sinfonico originale, personale, distaccato dai modelli britannici. E’ imperniato sulle tastiere (soprattutto organo Hammond, piano elettrico e mellotron, per la felicità degli amanti del sound vintage), ma non aspettatevi netti rimandi classicheggianti e barocchi o continui virtuosismi à la Emerson: la suite che dà il titolo all’album fa capire che il Museo Rosenbach non vuole stupire con alta velocità e tecnica spettacolare, ma preferisce incantare con una fine costruzione, basata su emozioni, pathos, lirismo, drammaticità e feeling. L’alternanza tra fasi rilassate e riflessive ed altre più energiche e vigorose, attraverso bruschi ed improvvisi cambiamenti di rotta, è un’altra delle caratteristiche che contraddistingue questa suite fantastica. Ma anche gli altri brani non sono da meno: Degli uomini, Della natura e Dell’eterno ritorno sono composizioni di indubbio spessore incentrate sullo stesso stile della suite, il che favorisce il raggiungimento di un risultato finale, oltre che di grandissima qualità, anche particolarmente omogeneo. Zarathustra è uno di quei capolavori che non deve assolutamente mancare in qualsiasi collezione progressive che si rispetti!

Peppe
Gennaio 2004