Brani:

1-Dell'innocenza perduta; 2-Atlantis (Conferendis pecuniis); 3-Catabase (Descensio ad inferos; 4-Dove la luce è più intensa; 5-Ecate (Walpurgisnacht); 6-Horror vacui: a)Le radici del male, b) L'assassino, c) nel sonno della ragione, d) Il baratro della follia.

Formazione:

Emanuele Tarasconi: voce, cori, pianoforte, organo Hammond, moog, sintetizzatori, mellotron, birotron, chamberlin, Fender Rhodes, clavinet, clavicembalo, organo liturgico, theremin; Francesca Zanetta: chitarra elettrica, chitarra acustica, liuto rinascimentale; Francesco Orefice: voce in 2, cori, basso elettrico, basso fretless; Federico Bedostri: batteria, timpani, percussioni, voce narrante in 2.

Special guest Fabio Biale: violino in 1 e 3.

Prodotto da Fabio Zuffanti. Co-prodotto da Rossano Villa.
2013, Mirror Records - durata totale: 59:21

Se un gruppo di ragazzi ventenni o poco più riesce a creare un disco del genere vuol dire che talento ce n'è ed anche tanto! Gli Unreal City avevano già realizzato un EP autoprodotto, ma è con La crudeltà di aprile che si fanno conoscere meglio al pubblico, complice anche l'occhio attento di Fabio Zuffanti, che li ha scritturati per la sua Mirror Records e che ne cura la direzione artistica.

In sei brani di lunga durata, questa band non si fa mancare proprio niente: tempi dispari, passaggi maestosi, legami con la musica classica, momenti strumentali di grande intensità, tanto pathos, eppure non si avverte mai l'impressione che la band voglia semplicemente esibirsi in un formale esercizio di stile, perchè qui di sostanza ce n'è tantissima. Nulla di nuovo all'orizzonte, potranno dire ascoltatori disattenti... Io vi assicuro che questo è un grande disco di prog sinfonico, brillante come pochi negli ultimi tempi, anche in un campo molto ampio e inflazionato.

Il merito principale lo dobbiamo forse attribuire ad un nuovo personaggio che potrà diventare uno dei simboli moderni del rock progressivo italiano: Emanuele Tarasconi. Un keyboards-wizard che ha talento da vendere e che lo mostra apertamente in La crudeltà di aprile. Immaginate un piccolo Wakeman, quindi seguace di una vena classicheggiante, ma rivolto non al mondo del fantastico/mitologico, quanto piuttosto indirizzato verso un dark non estremo, sia negli sviluppi musicali, quando i timbri dell'organo evocano rituali liturgici o quando il sound si fa cupo un po' à la Atomic Rooster, sia nei testi che egli stesso scrive, che sembrano analizzare la "metà oscura" dell'uomo (ricchi di allegorie, con rimandi ai miti di Atlantide e di Faust e tematiche quali la fanciullezza perduta, la dannazione, l'assassinio). Emanuele punta su una strumentazione vintage: mellotron, moog, Rhodes, Hammond (ma anche pianoforte, clavicembalo e theremin) a tutta forza. Eppure, per merito dell'accurato lavoro di produzione, quello che viene fuori non è un sound "polveroso", che sa di vecchio, con la conseguenza che la pulizia sonora, oltre a dare un sapore moderno al disco, ne diventa anche ulteriore punto di forza.

Ad ogni modo non vorrei assolutamente sminuire il lavoro degli altri componenti del gruppo. Francesca Zanetta fa uno splendido lavoro con la chitarra: mai sopra le righe, è capace di svolgere un attento ruolo di accompagnamento e rifinitura durante le scorribande tastieristiche, ma anche di regalare meravigliosi solos liberatori nei quali è facile intravedere un animo gilmouriano. La sezione ritmica formata da Francesco Orefice e Federico Bedostri detta alla grande i tempi, con continue variazioni e permettendo ai loro colleghi di divertirsi e sbizzarrirsi con tutte le combinazioni possibili.

Ogni composizione meriterebbe un attento approfondimento, ma preferiamo dare giusto qualche descrizione indicativa. Come già accennato, in generale si avverte una vena dark piuttosto marcata. Non dovete immaginare, tuttavia, qualcosa di asfissiante. La musica resta indirizzata verso un rock sinfonico altisonante al punto giusto, in cui si avverte comunque l'influenza di mostri sacri quali Emerson, Lake & Palmer, Rick Wakeman o Banco del Mutuo Soccorso, rielaborata però in modo personale. 

L'opener Dell'innocenza perduta è subito un pezzo da novanta, con quell'introduzione pianistica ossessiva, i numerosi cambi di tempo, le melodie vocali di immediata presa (quasi dimenticavo di dirvi che Tarasconi è anche un abile cantante, ben intonato e dal timbro particolare che ben si sposa alla musica) ed un finale dapprima emersoniano e che poi l'entrata del violino spinge verso sponde più care alla nostra PFM.
Atmosfere misteriose all'inizio di Atlantis (Conferendis pecuniiis), un po' à la Pink Floyd, ma poi il brano viaggia su classiche coordinate di rock sinfonico enfatico, che può ricordare anche i Nexus argentini, tra crescendo coinvolgenti, spiragli medievaleggianti e momenti di calma apparente.
Catabasi (Descensio ad inferis) è un altro dei momenti topici del cd, con quella lunga apertura suggestiva con organo ecclesiastico dai toni oscuri, accentuati dal canto intenso, ed uno sviluppo che alterna romanticismo e aggressività senza cali di intensità, con suoni di mellotron sempre minacciosi in sottofondo e quest'aura solenne sempre ben presente.
Melodie ariose che non perdono in drammaticità in Dove la luce è più intensa (brano scelto per la registraizone di un video promozionale), mentre in Ecate (Walpurgisnacht) ci sono splendidi interscambi di chitarra-tastiere-piano per un hard-prog ben calibrato e di gran classe.
E in conclusione cosa ci poteva essere di meglio se non una bella suite di circa 18 minuti come Horror vacui? Perfetta summa della musica degli Unreal City parte con atmosfere inquiete, un inizio lento che quasi rievoca la colonna sonora di Twin Peaks. Basta un minuto... Poi ecco che Tarasconi si scatena con piano e tastiere ed inizia la lunga cavalcata, maestosa e piena di delizie strumentali e di passaggi di stampo classico, per poi lasciare spazio ad una chitarra elettrica epica e graffiante che guida il brano verso sentieri floydiani nella seconda metà.

Ho scritto anche troppo! Qui bisogna ascoltare in continuazione! E, anche se sarò ripetitivo, concludo ribadendo che La crudeltà di aprile, nel suo genere, è un grande disco! Non lasciatevelo sfuggire!

Peppe
luglio 2013