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Brani: |
| 1-Lies!; 2-The wanderer; 3-Victim of the sky; 4-White from black; 5-Not him again!; 6-Desperate; 7-In terms of money; 8- From bacteria; 9-The lament of Joe Apples; 10-Victim reprise. | |
| Formazione: | |
| Copernicus: vocals; Pierce Turner: keboards, musical director; Larry Kirwan: guitar, keyboards, vocals; Thomas Hamlin: drums; Jeffrey Richards: flute, keyboards, effects; Chris Katris: guitar; Steve Menasche: marimba, percussion; Fred Parecells: affected trombone; Roseann Horn: vocals; Jimmy Zhivago: guitar, piano; Finnghuala: vocals; Andy Leahy: violin, vocals; Fred Chalenor: bass guitar; Paddy Higgins: bodhran, floor toms; Matty Fillou: saxophone; Marvin Wright: guitar, piano, drum machine; J.C. Rose: vocals; Jim O'Leary. vocals; Andy Heermans: bass. | |
| 1985, Nevermore - ristampa Moonjune Records (2012) |
Continuiamo la conoscenza di questo
autore americano (ricordiamo che abbiamo già scritto di lui su queste
pagine) con questo lavoro del 1985.
Una ristampa alla fine
interessante, anche se il disco si discosta molto sia nei testi che
nella musica dai cd più recenti (vedi Cipher and Decipher o Disappearance).
Resta, rispetto agli album di cui abbiamo già parlato, la costanza dell'improvvisazione, quasi come se Copernicus
volesse catturare momenti d'ispirazione particolari, quasi a voler
registrare quella magia che un nucleo affiatato di musicisti riesce a
creare dal vivo e in studio.
L'idea del microscopico e della non
esistenza, ancora non è così presente nei testi, sebbene tracce di quel
che sarà può essere trovato in diversi brani (come in Desperate o in From Bacteria),
ma in questo disco sia i testi che la musica sono più rilassati e
leggeri.
A tratti l'album ricorda la psichedelia d'un tempo, quella americana californiana (The Wanderer, con il vocione caldo di Copernicus, non è lontano dalle cose contenute in album dei Quicksilver ma sopratutto in quello degli It's a Beautiful Day), mentre alcuni suoni (tipici anni 80) fanno deviare a certa new wave.
L'improvvisazione resta comunque la colla del tutto, e anche la
reggaeggiante Desperate non ci sta male in questo minestrone musicale che al sottoscritto sembra però un po' insipido. From Bacteria riporta l'ascoltatore a quelle atmosfere che verranno create ed esasperate in Disappearance e in Cipher and Decipher:
sebbene il cantato diventi più “marziale” questo non è supportato da
quelle dissonanze che esaltavano il testo descrivendone bene l'angoscia.
A chiudere il disco (se tralasciamo la breve ripresa di Victom of the sky) c'è il lungo sfogo in The lament of Joe Apples che però nulla aggiunge a quanto già fatto finora. Unica nota simpatica è l'incipit del testo che è "Shit is shit but don't put it on the stick" che la dice lunga sul contenuto dell'intero brano.
Insomma
un disco molto più immediato e fruibile dei due dischi già recensiti su
queste pagine, ma che personalmente non mi ha incuriosito più di tanto,
non mi ha spinto ad approfondire i contenuti dei testi e sicuramente si
è fatto ascoltare meno rispetto agli altri lavori dello stesso autore.
Come
già detto per gli altri lavori di Copernicus non mi sento di suggerire
l'acquisto di questo disco a chiunque. Questa volta però è per motivi,
come avete letto, diversi, diciamo più di sostanza. Se qualcuno, però,
fosse incuriosito dal personaggio, avendo letto le mie recensioni
precedenti, direi che questo lavoro potrebbe essere la giusta via per
entrare in punta di piedi nel mondo di questo interessante
poeta/filosofo/musicista.
Montag
gennaio 2013

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