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Brani: |
| 1-Introduzione; 2-Parte prima: Stare solo; 3-Parte seconda: Medium; 4-Parte terza: Essere; 5-Parte quarta: incubo. | |
| Formazione: | |
| Ugo Ponticiello: voce; Raffaele Ponticiello: chitarra elettrica e acustica; Vincenzo Ponticiello: basso; Stefano Melani: organo Hammond; Giorgio Di Ruvo: batteria. | |
| 2011, Black Widow - durata totale: 38:28 |
Ogni tanto la sorpresa arriva! Tra la fine degli anni '80 e l'inizio del decennio successivo, con il rinnovato interesse verso il prog italiano storico, oltre la pubblicazione di ristampe di vecchi album, c'è stata una continua caccia alla ricerca di rarità, dischi e registrazioni inedite in studio e dal vivo. Sono così venute a galla chicche di enorme valore per la gioia degli appassionati. Ovviamente, col passare del tempo, le uscite riguardanti perle del passato rimaste per lunghi anni nascoste si sono diradate, ma, come dicevamo, capita ancora che ci siano sorprese.
Tutto è incentrato sui testi del cantante Ugo Ponticiello, che racconta di una seduta spiritca e dell'incubo affrontato a causa di essa da un uomo alla ricerca di sè stesso. Il disco si apre con una traccia che spiega esplicitamente il contenuto del disco, specificando che si tratta di "un'aperta critica alla società odierna, che trasuda di egoismo e ipocrisia. In essa stanno scomparendo tutti i valori umani, che porteranno inevitabilmente l'uomo nell'abisso".
Seguono le quattro parti dell'opera e fin dalle prime battute si viene assaliti da un rock vibrante e tirato, con la chitarra elettrica sporca, che viaggia tra hard e blues e che ricorda quella di Bambi Fossati dei Garybaldi. Il sound vintage è una gioia per chi ama queste sonorità e l'accompagnamento dell'organo Hammond regala altri timbri caldi e appassionati. La voce graffiante del cantante e i ritmi spediti fanno il resto compattando bene la robustezza della musica degli Spettri. Il disco è scorrevole e coinvolgente, sia nei momenti cantati che narrano questa sorta di ricerca spirituale, sia nelle divagazioni strumentali, dove la chitarra elettrica costruisce riff granitici e si lancia in solos infuocati. Avrete capito che non si tratta del classico gruppo che all'epoca infarciva di spunti sinfonici la propria proposta; qui siamo più vicini ai sentieri battuti dal Biglietto per l'Inferno e dai citati Garybaldi, o anche dai momenti più aggressivi del Museo Rosenbach e dei New Trolls, nonché dai classici dell'hard rock britannico, con un rock abrasivo, ma tutt'altro che banale, pronto a esplorare e a cambiare continuamente marcia grazie alle continue variazioni ritmiche. Ci sono persino malinconiche aperture acustiche all'inizio della Parte terza: Essere, che con i suoi dodici minuti di durata è la traccia più ricca e articolata del lavoro.
La registrazione non è perfetta, ma anche in questi suoni sporchi risiede parte del fascino dell'epoca. Non stiamo parlando di un lavoro con il quale si riscrive la storia del progressive rock italiano e artisticamente non eguaglierà certo il valore di un Biglietto per l'Inferno, ma si tratta comunque di una riscoperta davvero gustosa.
Peppe
gennaio 2011
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