Brani:
1-Selamatkan bumi (Save the planet); 2-Bedhaya ketawang (Sacred dance); 3-Drama; 4-Ethno funk; 5-Gegunungan (Gateway of life); 6-Hutan hujan (Rain forest); 7-Biarkan burung bernyanyi (Let the birds sing); 8-Inspirasi baru (New inspiration); 9-Perang tanding (battle between good & beast); 10-Pesta rakyat (Festive people); 11-Amarah (Anger).
Formazione:
Tohpati: electric guitar, midi synth guitar; Indro Hardjodikoro: bass guitar; Endang Ramdan: Indonesian percussion (kendang, gong, kenong); Demas Narawangsa: drums & Indonesian percussion (rebana, kempluk); Diki Suwarjiki: suling (Sundanese flute), soundscapes. Lestari: vocals on 2.
Prodotto da Tohpati
2010 - Moonjune Records - Durata totale: 67:14
 
Avevamo già avuto modo di apprezzare il bravissimo chitarrista indonesiano Tohpati con il suo apporto fondamentale per la band dei Simakdialog, ma questo musicista porta avanti anche una carriera solista di tutto rispetto e svariati altri progetti e queste sue varie esperienze sembrano trovare il loro naturale sbocco in questo interessantissimo album uscito a nome Tohpati Ethnomission. Si tratta di un ottimo lavoro interamente strumentale (se si eccettuano alcuni vocalizzi femminili sulla seconda traccia), in cui emergono sia il background dell'artista che la sua voglia di ricerca e di contaminazione. Ed ecco, quindi, che il jazz-rock e la fusion della Mahavishnu Orchestra, di Holdsworth, dei Brand X, di Rypdal, di Scofield flirtano con la musica etnica, con la tradizione indonesiana (nonostante si mantenga una certa distanza dal gamelan), con un folk acceso e vibrante, in cui i suoni elettrici si intrecciano a quelli di strumenti esotici quali fiati e percussioni. Viene fuori un sound intenso e caldo, scandito dalle note della chitarra che viaggiano agili, ma comunque variopinto e risultato di un insieme timbrico strumentale ricchissimo e coinvolgente. Sotto certi aspetti viene da pensare a Frank Zappa e al suo rock complesso, denso, orchestrale, studiato e dalle mille sfaccettature (non tanto come similitudine "stilistica", ma come concettualità e come tipo di lavoro). In Save the planet nulla sembra lasciato al caso, anche nelle divagazioni più jazzistiche e nelle aperture più oniriche e sognanti tutto è rifinito alla perfezione e il collettivo guidato da Tohpati va avanti con un fare bandistico sufficientemente articolato e che mostra una coesione totale tra i musicisti. Si alternano melodie oientaleggianti dal fascino straordinario, cavalcate sonore trascinanti, esecuzioni complesse, ritmi esuberanti ed altri più pacati, guitar-solos che denotano un talento fuorii dal comune. Davvero tanta carne al fuoco e tutta ben cotta, in un bellissimo album dal pieno spirito progressive e che sarà sicuramente una delle cose da ricordare di questo 2010.
 
Peppe
ottobre 2010