Brani:

1-Toxycana Apocalypso; 2-Wayward; 3-Crossfire; 4- Roundabout; 5-Hounded; 6-All the wisemen; 7-Great ordeal; 8-6am (your time); 9-Solace; 10-The white dove song; 11-Sandheads

Formazione:

Steve Thorne: vocals, acoustic guitar, electric guitar, keyboards, synths, FX, moog bass pedals, organ, samples, percussion, sequencers, bass pedals, twelve string guitar
Nick D'Virigilio: drums; Tony Levin: bass, stick; Gary Chandler: electric guitar; Chris Beggs: percussion, tambourine, bongos; Geoff Downes: organ, piano, Hammond organ; Gavin Harrison: drums; Rob Aubrey: percussion loop; John Mitchell: electric guitar; Dave Meros: Rickenbacker bass; Martin Orford: Hammond organ; Arnie Cottrell: mandolin; Liz Allan: backing vocals; Pete Trewavas: bass; Yan Zewada: piccolo trumpet; Anna Wyse: viola; Louise Coggins: violin; Lydia Handy: violin; Katie Higgins: cello; Bernard Postlethwaite: cello; Adrian Clevery: French horn, bass trombone; Kate Redwood: French horn

Produced by Steve Thorne and Rob Aubrey
Anno: 2006, Giant Electric Pea - Durata: 54:31

Il cantante e polistrumentista britannico Steve Thorne sa incantare con una serie di brani suonati egregiamente, pregni di un rock sinfonico moderno e credibile, delizioso nella sua linearità (evitato qualsiasi tipo di tecnicismo fine a sé stesso).

Steve si circonda di un buon numero di musicisti che, nonostante la loro esperienza ed il loro talento, non suonano per strabiliare o per seguire schemi rigidi e insieme vanno a realizzare un album intrigante e scorrevole, piacevole in ogni suo momento e che ha tutto, ma proprio tutto, per colpire positivamente sia gli inossidabili amanti di ogni prodotto new-prog, sia chi non crede più che in certi campi possano essere realizzate cose interessanti. 

A partire dall'incipit strumentale di Toxicana Apocalypso, in cui siamo avvolti da sonorità epiche, ma elegantissime e ben lontane dal kitsch, il disco si dipana in undici bei brani in cui ogni cosa è al suo posto, dai sottili intrecci strumentali, alla calda interpretazione vocale, fino all'abile, ma mai invadente, esecuzione delle parti ritmiche. Le atmosfere tecnologiche e estatiche di Roundabout, le dolci melodie di Wayward, l'impatto affascinante di Hounded e 6am (Your time), le sonorità ricercate di The white dove song e Sandheads, che con archi e fiati offrono timbri più particolari, sono alcuni esempi di quanto buon prog ci sia in Part two: Emotional creatures

Bisogna capire cosa si intende per ruffiano quando si parla di un disco di progressive rock sinfonico… Un lavoro in cui si ricalcano per filo e per segno schemi consolidati da decenni e che fanno facilmente presa su un target preciso di ascoltatori, o uno in cui si punta sul romanticismo e sul buon gusto? Io direi che la risposta corretta all'interrogativo è la prima. E sono fin troppi gli album moderni di rock sinfonico e new-prog in cui si fa il “compitino” copiando per filo e per segno Genesis, o Camel, o Marillion, o ancora Yes per compiacere quei fan che vanno cercando continuamente e unicamente queste forme musicali. Eppure ci sono vari cd meritevoli in cui, anche partendo da un tasso di originalità non elevato, c'è tanta sostanza, tanto buon gusto, tanta raffinatezza, tante idee ben esposte senza la pretesa di essere i nuovi Genesis. E la seconda opera di Steve Thorne rientra a pieno titolo tra questi; un album in cui l'autore si conferma ottimo musicista e songwriter e unendo le forze con i compagni di avventura che lo hanno supportato, tra cui ricordiamo Tony Levin, Geoff Downes, Pete Trewavas, Nick D'Virigilio, Martin Orford (tanto per citare solo alcuni dei nomi presenti che dovrebbero essere ben noti al progfan medio), è riuscito a sfornare un lavoro non ruffiano e decisamente incantevole, che può accontentare davvero tutti.

Peppe
giugno 2007