Brani:

1-Crusader; 2-Blue rice; 3-Into the sea; 4-MNK; 5-The sparrow; 6-Anticlimax; 7-Omoplatta; 8-Travelling space; 9-Joanni; 10-Lights that fall down the hill; 11-Epic.

Formazione:

Miki Fujimoto: violin; Junpei Ozaki: guitar; Ryuichi Odani: keyboards; Naoki Kitao: bass; Masataka Suwa: drums.

2009, Musea - Poseidon -  Durata totale: 59:31 

Ecco un altro gruppo giapponese a cui piace non poco bearsi delle proprie capacità strumentali… L’esordio in studio dei Fantasmagoria (finora autori solo di un paio di autoproduzioni live) consiste in circa un’ora di musica interamente strumentale, dove il rock sinfonico ed il metal si incontrano e camminano a braccetto per un bel po’.

L’indiscussa protagonista dell’album risponde al nome di Miki Fujimoto, straordinaria ed abile violinista, che ha ottenuto riconoscimenti in diverse scuole di musica di tutto il mondo e che rispolvera i fasti di quel progressive portato avanti da band in cui il suo strumento assumeva un ruolo di primo piano (viene da pensare inevitabilmente ai Curved Air, alla PFM, agli UK, di tanto in tanto anche ai King Crimson e ai connazionali Outer Limits e Midas). E quasi a voler far capire immediatamente chi “comanda”, in evidenza in copertina, sotto il nome della band, troviamo la dicitura “violin progressive”.

La traccia d’apertura Crusader ha un inizio stupendo, con violino elettrico classicheggiante e accompagnamento di tastiere che suonano come un clavicembalo, ma l’entrata della chitarra e dell’accoppiata basso-batteria spingono poi il brano verso sentieri più marcatamente prog-metal. La maggior parte dei brani segue proprio questo andamento, con ritmi corrosivi, chitarra elettrica molto ruvida, ma sempre con il violino protagonista a contrastare con le sue melodie questa furia sonora. Ci sono anche composizioni che si discostano un po’ da un simile orientamento; è il caso di Blue Rice e Traveling space, vicine a certo jazz-rock aggressivo (in cui si possono avvertire anche echi della Mahavishnu Orchestra), di Anticlimax, in cui si può scorgere addirittura l’ombra dei Black Sabbath, o di quelli che alla fine rappresentano i veri gioielli dell’album, vedi The sparrow, inizialmente delicata, con un violino assolutamente struggente ed un finale dal crescendo pfmiano, poi le evoluzioni imprevedibili di Joanni, introdotta da un violino classico e in seguito piena di cambi di tempo e di sapori crimsoniani e infine Lights that fall down the hill, dove emerge ancora l’influenza della PFM.

E’ proprio quando i Fantasmagoria “ostentano” di meno, quindi, che paradossalmente appaiono più convincenti e fanno pensare a quante cose belle potrebbero fare in futuro con alcuni accorgimenti. Ora come ora, sarebbe ingeneroso ridurre la proposta della band nella cerchia di quel prog ultratecnico e senza cuore, in cui molti colleghi del Sol Levante potrebbero essere inseriti, ma è pur vero che le tante buone idee presenti in questo lavoro, finiscono frequentemente col perdersi tra i numerosi virtuosismi troppo spesso fini a sé stessi. Il sound proposto dai Fantasmagoria, insomma, convince a metà: se avessero puntato su timbri meno ruvidi, con meno aggressività e maggior romanticismo, avrebbero potuto tirar fuori quasi un capolavoro; così com’è, Night and day resta “solo” un buon disco.

Peppe

Gennaio 2010