Brani:

1-Introduzione; 2-Il tempo muta le forme; 3-Sul bordo dell’abisso; 4-L’angelo; 5-Cercando un punto lontano; 6-Ricorre l’abbandono.

Formazione:
Sasha Colautti; Donald Pljuh; Michele Scherlich; Raffaele Tenaglia.

2008, Mellow Records - Durata totale: 53:09

Una delle uscite più sorprendenti in ambito prog nel 2008 riguarda l’esordio dei J’Accuse. Questo gruppo italiano ha fatto molto parlare di sé per un’opera molto fresca e alquanto distante dalle “tipologie” di prog più sfruttate abitualmente. Innumerevoli i paragoni che si sono fatti: sono stati tirati in ballo Mars Volta, C.S.I., gruppi di indie-rock e numerosi altri nomi. La realtà è che tutte queste influenze sono avvertibili di continuo, ma alla fine viene fuori un’entità nuova, un sound particolare, che è anche difficile da descrivere e che vi consiglio fin da subito di provare ad ascoltare per capire cosa intendo. Dopo un’introduzione atmosferica, caratterizzata da uno space-rock in crescendo, si entra nel vivo del lavoro con Il tempo muta le forme, dieci minuti concitati, con un rock tirato, guidato dalle chitarre elettriche, melodie vocali frenetiche e tese, ma anche con aperture ariose affascinanti che fanno tirare per un po’ il fiato. Le altre composizioni mantengono questa tendenza, che mostra un sound convulso e agitato, chitarre ruggenti, variazioni tematiche continue, accelerazioni improvvise e spericolate, pause di quiete apparente. Apprezzabili sia per il coraggio che per la qualità dell’album, i J’Accuse meritano tutte le attenzioni che stanno ricevendo (un po’ a sorpresa, in verità, se si considera la scarsa propensione verso cose un po’ “diverse” da parte del progfan medio odierno). In attesa di sviluppi per un futuro all’altezza di queste premesse, continuiamo a goderci questo Abbandono del tempo e delle forme, disco che funziona pienamente… eccome se funziona!

Peppe

dicembre 2008