1996, Record Heaven
Quando nei primi anni '90 il mondo del progressive cominciava a mostrare una vivacità maggiore rispetto al decennio precedente tre gruppi svedesi riuscirono a catturare un bel po' di attenzioni. Se gli Anglagard restano oggi quelli probabilmente più amati e gli Anekdoten i più costanti, i Landberk sono senza dubbio i più sottovalutati. Anch'essi, come i loro colleghi citati, hanno mostrato da subito delle influenze crimsoniane abbastanza marcate, sia per l'ampio utilizzo del mellotron, sia per certe soluzioni sinfoniche che rimandavano ai primi album di Fripp e compagni. Eppure, nonostante dei riferimenti abbastanza evidenti, fin dall'esordio del 1992 con Riktigt akta, i Landberk, più dei loro connazionali maggiormente seguiti, hanno cercato un percorso personale, provando a distaccarsi da qualsiasi cliché attraverso una proposta che, pur mostrando riferimenti al romanticismo dei primi King Crimson, vedeva anche una malinconia più tipicamente nordica, parzialmente debitrice del Progg svedese degli anni '70 e pronta ad insinuarsi nel cuore degli ascoltatori con atmosfere brumose ed una chitarra minacciosa.