alt Brani:
1-Flying to nowhere; 2-Macroscope; 3-Shadow dance; 4-Dreamer; 5-Abyss; 6-The land of the sirenians; 7-Unfinished love; 8-John's song; 9-Resolution; 10-Gravity; 11-Welcome to the end.
Formazione:

Xavi Reija: drums; Bernat Hernandez: bass guitar; Dusan Jevtovic: guitar.

2014, Moonjune Records - durata totale: 77:11

Xavi Reija è un batterista spagnolo attivo già da diversi anni e con svariate produzioni alle spalle ed approda nel 2014 con il suo trio e con il cd Resolution alla corte della Moonjune Records.

Si tratta di un lavoro strumentale attraverso il quale vengono esplorati vari territori sonori, come si evince già dai saliscendi con cui si muove la prima traccia Flying to nowhere: timbri moderni e duri che fanno avvicinare il rock ed il jazz, con momenti pacati e misteriosi che vanno in crescendo fino a prorompere in squarci sonori elettrici e ruvidi. Il drumming di Reija, in simili strutture, si può muovere con estrema abilità, mostrandosi ipnotico in quei frangenti di calma apparente, ma pronto ad accelerare fino a spingersi a veri tour-de-force asfissianti dalle velocità elevate. Con una Macroscope che prova a mettere a nuovo il sound e gli insegnamenti di Hendrix, una Shadow dance con la sua fusion tutt'altro che esasperata e con le ipnotiche e algide convulsioni di Dreamer e Abyss, nelle quali i tre sembrano volersi avvicinare, senza mai arrivare ad un contatto vero e proprio, ai King Crimson e a Robert Fripp, ci troviamo immersi nel pieno del lavoro. E così Resolution continua a muoversi tra puntate verso il post rock, dissonanze, scariche di energia e jazz-rock personale, abbracciando influenze disparate, ma sempre orientandole verso un percorso che vive di vita propria. La chitarra di Dusan Jevtovic (già protagonista di un disco solista uscito, come questo, per la Moonjune) è spesso carica di feedback, mentre il basso di Bernat Hernadez è capace di spingere su un funky-rock che stempera un po' i toni della musica del trio. Se una The land of the sirenians alleggerisce lievemente le cose, ecco che la tensione torna a crescere con le note a raffica e i ritmi serrati di Unfinished love e che le dissonanze vanno a ritagliarsi ruoli di primo piano in John's song e nella title-track. Le due lunghe cavalcate finali Gravity e Welcome to the end portano a termine l'album continuando a viaggiare tra potenza sonora, venature jazz ed una certa complessità. L'unico piccolo appunto che si può muovere a questo disco è il fatto che si prolunga un po' troppo e diventa difficile restare concentrati sulle evoluzioni dei musicisti per oltre settantasette minuti. Di sicuro, però, la Moonjune piazza un nuovo colpo e le sperimentazioni di Reija con i suoi compagni di avventura, tra heavy-prog, jazz-rock e avanguardia, lasciano chiaramente intravedere un talento che, in un disco che non fa dell'immediatezza la sua caratteristica principale, colpisce favorevolmente.

Peppe
novembre 2014