| Brani: | |
| 1. Believe Again (8:02); 2. The Game (6:51); 3. Step Beyond (5:34); 4. To Ascend (4:43); 5. In A World Of Our Own (5:20); 6. Light Of The Ages (7:41); 7. It Was All We Knew (4:13); 8. Subway Walls (9:03). | |
| Formazione: | |
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Steve Howe: electric guitar, acoustic & steel guitars, backing vocals; Chris Squire: bass vguitar, backing bocals; Alan White: drums, percussion; Geoff Downes: keyboards, computer programming; Jon Davison: lead & backing vocals, acoustic guitar on tracks 1, 4 & 6. |
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Durata totale: 51:27 2014, Frontiers Records |
Dopo il discreto Fly from Here ci si attendeva molto dal nuovo disco dell’ultima incarnazione degli Yes, e si attendeva con una certa curiosità la performance vocale del nuovo entrato Jon Davison. Bisogna subito dire che Heaven and Earth è un disco impeccabile e di maniera, privo di qualsivoglia sbavatura, ma anche privo di quel mordente che rendeva interessante il predecessore (d’altronde prodotto da Trevor Horn, come Drama).
Resta così dopo l’ascolto la sensazione di aver trascorso quasi un’ora ad attendere invano un guizzo di tastiera, un assolo di chitarra o basso, o un cambio di ritmo che ci sollevi dal flusso di note che i nostri ci regalano senza risparmiarsi ma anche senza convinzione alcuna. Si prenda ad esempio la lunga opener Believe Again: un pregevole chorus ed un pregevole break strumentale in cui Geoff Downes fa mostra delle sue doti, ma l’incedere ricorda più atmosfere alla Manhattan Transfer che non progressive. Le melodie zuccherine proseguono con la discreta The Game, mentre con One step Beyond si torna su lidi tipici degli Yes così come con To Ascend, che ha una pregevole struttura acustica ma si perde in un chorus troppo melenso. Dopo l’episodio più poppeggiante di In A World of Our Own impreziosita da un grande solo di Howe, si ritorna ad atmosfere rilassate di Light of the Ages prima dell’unico potenziale hit radiofonico di It was all we knew, in cui finalmente tutto il gruppo fa gioco di squadra, anche se il chorus non è dei migliori tra quelli scritti dai nostri. Infine, Subway Walls, forse il pezzo migliore del disco, introdotta dalle maestose tastiere di Downes finalmente ci permette di udire anche il buon Squire: il pezzo è speculare all’opener ed ha gli stessi pregi e difetti, cioè un buon break ed un ottimo assolo finale, ma sono le melodie vocali di un incolpevole Davison ancora una volta a tradire le aspettative. In conclusione, sufficienza d’ufficio, ma credo che questo Heaven and Earth possa essere solo un pretesto per vedere dal vivo questi signori quasi settantenni, che restano comunque dei giganti della musica, riproporre i loro grandi classici, nulla più.Italo Testa
giugno 2014
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